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Gaspare De Lama e una famiglia svizzera nel gruppo che incontrò gli extraterrestri a Pescara negli anni ‘60
Lecco – I fatti incredibili – iniziati nel ‘56 e durati oltre 20 anni - di alieni divenuti amici di un gruppo di terrestri, tra i quali anche una famiglia svizzera, sono ai nostri tempi oggetto di rinnovata attenzione. Il “Caso Amicizia” è senza dubbio uno dei più interessanti e importanti nella storia dell’ufologia moderna: una dozzina di persone visse un lungo rapporto di amicizia con una comunità di extraterrestri principalmente a Pescara dove si trovava a loro base. Gli incontri durarono dal 1956 al 1978. Gli umani soprannominarono la comunità aliena “W56”, acronimo di “viva il ‘56”. Il vero nome dei questi alieni – di aspetto umano, di varie altezze e provenienti da diverse galassie – è Akrij, in sanscrito “i Saggi”. Questa storia o leggenda, a seconda dei punti di vista, è rimasta sconosciuta alla massa fino al 2007, quando venne pubblicato il libro “Contattismi di Massa” di Stefano Breccia, uno del gruppo. Da allora si è assistito ad un crescendo di attenzione non solo tra gli studiosi ma anche tra il grande pubblico. Non si contano più interviste e conferenze (che a volte perdurano fino alle 2 del mattino tanto è l’interesse della gente) cui è chiamato in molte regioni d’Italia uno dei testimoni in vita, il 97enne Gaspare De Lama. I fatti da lui narrati stanno riportando in auge quel dibattito che un tempo si tenne in segreto solamente tra esperti. La diatriba non è solo sulla mancanza di prove inequivocabili che sono sempre il centro d’interesse da parte di chi cerca la verità provata e scientifica delle cose, ma anche sul lascito morale trasmesso al gruppo.
Una cosa certa, per quanto riguarda la storia che qui trattiamo, è che i suoi testimoni ebbero la vita cambiata. Gaspare De Lama e sua moglie Mirella Bergamini, grazie all’esperienza con gli amici alieni, hanno virato verso una profonda spiritualità che si manifesta con autenticità in ogni loro gesto e pensiero, come abbiamo potuto constatare da ospiti nella loro casa di Lecco sul lago di Como per questa intervista.
Signor De Lama, perché non ci sono mai prove indiscutibili sull’esistenza degli alieni?
«L’Ufologia non è una scienza, anche se la riguarda da vicino, né una fede, quindi è sciocco pretendere impossibili riproduzioni in laboratorio con i nostri poveri mezzi terrestri, così come è sciocco credere senza criterio. Forse l’atteggiamento corretto è dato dalla sola consapevolezza che avvengono cose inconcepibili rispetto i parametri della nostra attuale conoscenza. Riusciamo a vedere solo il 5 per cento della materia, figuriamoci se comprendiamo il restante 95 per cento».
Perché il Caso Amicizia riemerge con forza dopo tanti anni, cosa c’è sotto?
«C’è sotto il semplice fatto che i tempi sono un po’ più maturi».
Se sono più maturi perché questi “amici” non si manifestano definitivamente a tutti noi?
«Perché i tempi non sono così maturi da permettere all’intera umanità di sopportare una verità come questa. Una verità che è stata insabbiata e ridicolizzata da sempre».
Andiamo al 1956: cosa accadde?
«Accadde che alcuni alieni che abitavano in una base segreta a Pescara si manifestarono ad alcuni terrestri. Pochi anni dopo, a Milano, dove dirigevo una nota galleria d’arte, divenni amico di Bruno Sammaciccia, l’esponente del gruppo terrestre, che, con cautela, mi rivelò i fatti che succedevano a Pescara. Cambiò la vita a me e a mia moglie. Entrambi essendo pittori, quindi con una mente aperta e sensibile, fummo molto contenti di appurare personalmente la cosa. Gli alieni ci accettarono nel gruppo e trascorremmo anni imparando i modi della loro amicizia».
Vale a dire?
«Ho assistito non solo alle loro sorprendenti manifestazioni dovute ad un livello tecnologico per noi impensabile, ma ho appreso anche il loro modo di vivere: pur se loro ripetevano sempre di non essere perfetti, ai nostri occhi tutte le loro azioni apparivano motivate solo da amore verso l’Umanità e la Terra, che loro chiamano “Il Pianeta Madre”».
Partiamo dalla loro tecnologia.
«In sintesi, non viaggiano nel tempo, come certa ridicola scienza terrestre argomenta per negare il fenomeno UFO, ma tra dimensioni. Inutili perciò i messaggi inviati nello spazio dalle nostre potenze con primitivi mezzi che richiedono un tempo infinito per raggiungere le galassie: gli alieni sanno già tutto di noi. Sono in grado di smaterializzare e spostare se stessi e gli oggetti. Prevedono a breve termine, sono telepatici. I W56 conoscevano i nostri pensieri, nel 2007 hanno risposto ha una mia domanda. Le loro astronavi sono enormi laboratori che, come vogliono, mostrano o nascondono alla nostra vista. Si esprimono nelle nostre lingue.... tutto grazie ad una tecnologia acquisita in milioni di anni di evoluzione. Noi non arriviamo nemmeno al primo gradino della loro esperienza».
E il loro, diciamo così, ambito spirituale?
«Anch’esso imparagonabile al nostro. I W56 hanno un comportamento amichevole, litigano molto di rado e subito trovano il sistema per fare pace. Per loro fare del male è inconcepibile. Non mangiano carne, ma ci chiedevano sempre frutta, oltre ad altri cibi, come le verdure. Ne estraevano vitamine».
Scusi, chiedevano cibarie a voi invece di materializzarle in un attimo?
«Volevano questa nostra affettuosa collaborazione umana. L’amicizia, l’amore che volevano istillarci serviva quale forma di energia vitale per loro: l’Uredda. La loro tecnologia è basata su questa energia. Così ci siamo accorti che noi umani non sappiamo cos’è l’amore».
Addirittura?
«Uno di loro, Sigir, mi insegnò: “L’amore è quando tu non esisti, esistono gli altri”. Impossibile per noi...».
Nel 1962 la sua foto di un UFO divenne famosa.
«Con i W56 erano possibili incontri programmati. Ne realizzammo uno sopra il tetto di casa mia a Milano. Quando il loro velivolo si avvicinò scattai le foto. Tramite lo scrittore mio amico Dino Buzzati, la Domenica del Corriere ne fece la pagina di copertina. Il giornale circolava anche in Svizzera e una famiglia elvetica chiese di potermi conoscere per saperne di più. Li ricevetti un paio di volte senza raccontare nulla degli alieni. Ma i W56 li vollero nel gruppo, madre, padre e la giovane figlia. Una famiglia stupenda, la signora Verena era una persona così evoluta e piena d’amore come non ne ho mai incontrate sulla Terra. Sono restati anonimi fino all’ultimo».
Ma perché voler restare anonimi?
«Perché, allora ma anche oggi, a parlare ci si rimette. La gente ti prende per megalomane o per matto, e in certe professioni la credibilità ti viene tolta. Ti minacciano, ti licenziano».
Perché, specie in opera di insabbiamento, quando i governi dicevano che non esistono, gli alieni con tutta la loro mirabilante tecnologia non si sono manifestati per smentirli di fronte al mondo?
«Non vogliono farlo, a causa della loro esperienza. O una razza evolve motu proprio, magari con piccoli aiuti, o succede un disastro».
Cioè?
«Quando, in altre occasioni ed ere, hanno svelato la loro esistenza, sul momento c’è stato una specie di salto evolutivo che poi però si è rivelato un boomerang; l’evoluzione non accade mai in virtù di un meccanismo esterno bensì è una conquista che è solo interiore, anche a livello collettivo. Questi alieni hanno imparato la lezione e pertanto si sono imposti di rispettare il nostro libero arbitrio».
Anche con i governi?
«Per carità. Bisogna sapere che anche tra gli alieni ci sono gli opposti, quindi anche le fazioni malevole. Alieni come i W56 sono esseri altamente spirituali che ci vengono in aiuto, per esempio rendendo innocue le nostre testate nucleari. Alieni di tipo negativo, come i CTR, hanno un’ideologia molto diversa di come amministrare lo spazio. Sembra una roba da film, invece è così. I ricercatori hanno appurato che negli anni 40’ entrambe le fazioni hanno interloquito con il governo USA. Indovini con chi hanno scelto di collaborare i vertici americani? Non essendo evoluti, agiamo sempre stimolati solo dall’ingordigia di soldi e potere».
A ben vedere anche il vostro gruppo, dopo vent’anni di contatto con i W56, si disgregò e qualcuno ebbe anche seri problemi mentali.
«Sì. Sammaciccia si prodigò talmente tanto da indebitarsi e fu anche ingiustamente accusato per una questione di danaro. Divenne molto fragile e dispotico proprio nei confronti della famiglia svizzera. Eravamo “umani”, non fummo più capaci di portare avanti una armoniosa collaborazione tra noi, come invece questo tipo di alieni è perfettamente in grado di fare... I W56 l’avevano previsto e non ci rimproverarono mai di nulla, anzi ci ringraziarono. E restammo per sempre amici».
lorefice.annamaria@gmail.com
De Lama immortalato dal noto settimanale.
Cronaca dell’epoca su globi alieni a Pescara.
Kenio, uno dei W56, alto 3 metri circa. Un disinnesco di missili da parte di UFO testimoniato da filmati militari.
Gaspare De Lama con la moglie Mirella Bergamini. La documentazione sugli alieni in loro possesso è ritenuta di eccezionale importanza.