“Das Luxusproblem der Schweiz” è il titolo che la Neue Zürcher Zeitung ha dato al commento della notizia che la Confederazione ha realizzato un utile di 2,8 miliardi di franchi nel bilancio del 2017. In realtà questo utile è perfino di altri due miliardi di franchi, poiché questa cifra è stata dedicata a un accantonamento della stessa entità sul conto dell’Imposta preventiva.
L’imposta preventiva è quella che viene prelevata sugli interessi dei conti (per esempio bancari o postali) e sulle vincite nelle lotterie, ma che si può anche recuperare, dichiarando l’importo al momento della dichiarazione fiscale annuale. Il gettito netto di questa imposta (dedotte cioè eventuali restituzioni) è valutato in oltre 10 miliardi di franchi. Questo perché l’incasso lordo dell’imposta è aumentato parecchio, mentre le richieste di restituzione molto meno.
In confronto ad altri paesi, un bilancio consuntivo come quello svizzero è certamente un bilancio “di lusso”, che si ripete con una certa frequenza e ha permesso di ridurre il debito pubblico dai 126 miliardi del 2003 ai 105 miliardi di oggi. Sull’onda di questo risultato, anche il piano finanziario fino al 2021 prevede un utile annuale di circa 1 miliardo di franchi nei primi due anni e di 1,9 miliardi nel 2021, epurati dalle variazioni congiunturali.
Il risultato ha però anche un aspetto contradditorio. Tra i politici vi è subito chi ha fatto notare che in Svizzera si pagano troppe imposte. Ben venga quindi la riforma delle tassazioni delle imprese, però già respinta dal popolo lo scorso anno. Altri fanno notare che di spese in previsione ce ne sono parecchie.
Ma il grosso problema è dato oggi dalla legge sul freno all’indebitamento che impone di utilizzare gli avanzi d’esercizio per diminuire il debito. Sotto questo aspetto, anche l’accantonamento per l’imposta preventiva suscita parecchie perplessità.
Ignazio Bonoli