Caro Avvocato,
leggo da anni la sua rubrica legale e ho sempre apprezzato i suoi consigli, anche se li vedevo con un certo distacco visto che non mi riguardavano.
Ora, però, Le scrivo perché è sorto un problema serio nella mia famiglia, e sono molto grata di avere un canale per poterle chiedere aiuto.
Le spiego di cosa si tratta, anche se mi sento un po’ a disagio a parlarne apertamente.
Sono vedova da circa un anno e sono tornata a vivere esclusivamente in Svizzera dopo la morte di mio marito. Io sono l’unica erede insieme al figlio del primo matrimonio di mio marito, che invece risiede in Italia.
La successione è motivo di continue discussioni e tensioni con mio figlio e quindi di grandi dispiaceri.
La faccio breve. Mio marito aveva costituito in passato un conto corrente in Svizzera, cointestato a me e mio figlio con una somma ingente nel caso in cui gli fosse successo qualcosa.
Entrambi abbiamo la firma singola per disporre sul conto. Mio figlio però mi ha diffidato tramite il suo legale italiano a non disporre degli importi depositati sul conto svizzero, minacciando cause civili e penali in Italia ed in Svizzera.
Io ho una piccola pensione ma non mi basta qui in Svizzera e nell’attesa di risolvere la questione eredità vorrei poter usare tale denaro perché ne ho bisogno, ma ho paura di passare dalla parte del torto.
Come posso fare? Ne posso usare la metà almeno o devo aspettare? Ma aspettare cosa? Che li prelevi lui? E perché non lo ha già fatto? La prego mi aiuti a capire e mi dia un consiglio.
Tanti sentiti ringraziamenti per il suo impegno e soprattutto, per trovare il tempo di rispondere.
Cordiali saluti.
(L.W. – Ascona)
Cara Lettrice,
spiace leggere della Sua triste vicenda personale che vede rapporti magari non idilliaci già da prima, che però si deteriorano in tal modo per ragioni legate all’eredità ed al denaro.
Ecco perché sono importanti non solo la pianificazione fiscale quando si hanno beni di qualsiasi tipo all’estero, ma anche quella successoria per evitare nel limite del possibile, lunghi e dolorosi contenziosi. Suo marito in qualche modo lo aveva fatto, ma purtroppo non è bastato. Molte soluzioni di carattere pratico, o anche ispirate al buon senso, talvolta possono fallire perché non tengono conto delle leggi, magari anche di altri Paesi.
Nel suo caso, naturalmente, se come intuisco, vi sono diverse residenze e/o cittadinanze e beni in Italia e Svizzera, possono sorgere seri problemi
- di diritto applicabile (e cioè quale legge regola la successione?)
- di giurisdizione (e cioè quale Tribunale e in quale Paese sono competenti a decidere una controversia)
- e persino di litispendenza (e cioè la possibilità che i procedimenti vengano sospesi in un Paese in attesa che magari alcune questioni vengano decise nell’altro Paese).
Le stesse cronache si abbeverano di saghe famigliari con in gioco grossi patrimoni, e ne abbiamo letto anche di recente in Italia.
Spesso in questi casi, chi fa la prima mossa può trovarsi molto avvantaggiato, sia se vuole ottenere ragione più rapidamente, sia se vuole ostacolare la controparte.
Non conoscendo la Sua situazione specifica e la natura e l’oggetto della controversia successoria, non posso esprimere valutazioni in merito, ma La invito a rivolgersi senz’altro ad un legale, se non ha già provveduto, così come ha fatto il figlio del Suo defunto marito.
Mi limiterò dunque, in questa sede, a rispondere riguardo alla questione del conto svizzero.
A questo proposito la risposta è semplice in termini generali sulla base di ciò che Lei ha scritto, salvo che vi siano disposizioni particolari nel contratto con la banca elvetica.
In principio, in caso di conto congiunto, ciascuno dei titolari può disporre per intero delle somme giacenti presso la banca. Ciò salvo che vi siano accordi particolari tra i due intestatari, in tal caso chi preleva o trasferisce gli importi, ne risponderà semmai nei rapporti interni verso l’altro titolare.
In altre parole, la banca non è tenuta a conoscere tali rapporti interni ma ha un debito solidale, e dunque non può opporsi alle istruzioni di uno dei titolari del conto congiunto se questi ha i poteri di firma individuali. Essa può e deve pagare senza incorrere in alcuna responsabilità.
Ma cosa succede se entrambi i titolari chiedono il pagamento a proprio favore degli importi depositati? Ha la precedenza il primo che dispone?
Ebbene, per la banca resta indifferente chi ha dato le istruzioni per primo, essa può pagare indifferentemente uno dei due creditori solidali ed essere liberata dalle sue obbligazioni verso entrambi.
Può però accadere nella pratica che la banca non paghi nessuno dei due, perché non vuole essere coinvolta in contenziosi tra terzi e per evitare future contestazioni da parte del creditore negletto.
In tali casi soccorre l’art. 150 cpv. 3 del Codice delle Obbligazioni svizzero (CO), il quale dispone che “il debitore, purché non sia stato giudizialmente convenuto da uno dei creditori sociali, può a sua scelta pagare a chiunque di essi”.
Si ribadisce quindi quanto detto sin qui ma con una significativa eccezione.
Se, infatti, uno dei titolari del conto congiunto ha convenuto “giudizialmente” la banca, quest’ultima non è più libera di pagare l’uno o l’altro ma è tenuta ad adempiere esclusivamente verso il creditore solidale che ha agito per primo nei suoi confronti. Pertanto solo questo pagamento avrà effetto pienamente liberatorio per l’istituto di credito.
Il Tribunale Federale ha precisato che “giudizialmente convenuto” significa una vera e propria azione giudiziale o anche una esecuzione. Una semplice diffida o richiesta, invece, ancorché anteriore, non è sufficiente per pretendere di essere il beneficiario del pagamento.
Ecco perché, come scrivevo all’inizio, chi muove per primo le sue pedine è avvantaggiato.
In Italia vige un principio analogo, per cui il debitore ha la scelta di pagare all’uno o all’altro creditore in solido, “quando non è stato prevenuto da uno di essi con domanda giudiziale” (art. 1296 Cod. Civ.). Poi nei rapporti interni le parti di ciascuno si presumono uguali, salvo che risulti diversamente (art. 1298 Cod. Civ.).
Quanto alle ragioni per cui il figlio del Suo defunto marito ad oggi non abbia prelevato o estinto il conto congiunto, non ho spiegazioni. Potrebbe dipendere, però, da ragioni fiscali, ove egli non avesse regolarizzato a Suo tempo tali disponibilità in Svizzera (ma questo riguarderebbe anche Lei se prima era residente in Italia); oppure egli ritiene di essersi sufficientemente tutelato con una semplice diffida (il che non basta, come visto); oppure ancora teme a sua volta di commettere un illecito appropriandosi dell’intera somma (ipotesi non da escludersi allo stato).
Il mio consiglio, dunque, è molto semplice: verificate sia la Sua posizione fiscale sia le necessarie implicazioni ereditarie in termini di donazioni e collazione delle stesse, Le suggerisco di agire giudizialmente nei confronti della banca al più presto per le somme di Sua spettanza, ove l’istituto di credito non provveda a pagarla spontaneamente.
Spero di essere stato d’aiuto anche questa volta, e saluto Lei e tutti i Lettori cordialmente, con l’augurio di una buona estate.
Avv. Markus Wiget