Intervista esclusiva della Gazzetta a Ariane Rustichelli, Direttrice dell’Organizzazione degli Svizzeri all’estero. Tra i suoi temi centrali: l’introduzione dell’e-voting.
Ariane Rustichelli, cosa la affascina in particolare nel suo compito di rappresentare gli Svizzeri all’estero?
L’idea che il mio lavoro aiuti a difendere gli interessi dei 760’000 Svizzeri all’estero è importante per me. Questo rappresenta un valore che mi sta molto a cuore, ossia difendere gli interessi di persone che hanno bisogno. Nel caso degli Svizzeri all’estero il loro apporto politico, economico, culturale e sociale per il nostro paese non è ancora sufficientemente (ri-)conosciuto in Svizzera. Il crescente aumento della mobilità internazionale fa in modo che è e sarà sempre più importante in futuro che gli Svizzeri all’estero siano presi in considerazione nelle decisioni politiche. Parliamo del 10% della nostra popolazione che ha un impatto molto importante sulla nostra economia e che permette di rafforzare i legami della Svizzera con il resto del mondo. Gli Svizzeri all’estero sono dei creatori di legami. Essi esportano le nostre conoscenze, i nostri valori all’estero e danno al nostro paese una visibilità internazionale. Quale contropartita, fanno beneficiare la Svizzera delle loro reti e delle conoscenze acquisite.
Come interpreta la forte diminuzione dell’affluenza alle urne degli Svizzera all’estero alle ultime elezioni parlamentari? Cosa significa questo per il dibattito sull’e-voting?
Le ragioni sono molteplici. Innanzitutto, la mancata disponibilità dell’e-voting. Nel 2015 quattro cantoni (BS, GE, LU, NE) avevano permesso ai loro concittadini all’estero di votare attraverso Internet. In questi cantoni il tasso di partecipazione è fortemente diminuito nel 2019 riducendosi di quasi un terzo. Lo stesso fenomeno di regressione è stato osservato negli altri 8 cantoni che conteggiano separatamente i voti dei loro concittadini dell’interno e dell’estero. La diminuzione del tasso di partecipazione ha raggiunto il 10%. È il segnale di una sorta di stanchezza nell’ambito dell’esercizio dei diritti politici e anche una conseguenza del progetto di e-voting momentaneamente accantonato. Ricordiamo che, nel 2015, esistevano 3 sistemi di voto elettronico che venivano utilizzati in 14 cantoni. Oggi, siamo ad un punto morto. Ciò di cui bisogna tener conto per quanto concerne il tasso di partecipazione degli Svizzeri all’estero alle elezioni federali 2019 è che la possibilità di votare attraverso Internet influenza direttamente la partecipazione. Questo rafforza la posizione dell’OSE che chiede l’introduzione entro il 2023 di un sistema di voto elettronico sicuro e il cui finanziamento sia garantito. Il Consiglio degli Svizzeri all’estero (CSE), il nostro organo supremo, ha adottato, in occasione della sua seduta del mese di agosto 2019 a Montreux, una risoluzione in questo senso. Questa chiede al Consiglio federale di assumere un ruolo di leadership in questo progetto.
Non ci sono mai stati così tanti Svizzeri all’estero candidati al Consiglio nazionale. È esagerato affermare che i partiti considerano gli Svizzeri all’estero solo prima delle elezioni, ma poi dimenticano i loro problemi durante la legislatura? Quali insegnamenti può trarre l’OSE dalle elezioni 2019?
Esiste evidentemente una chiara strategia di marketing politico nel posizionamento dei partiti. Allo scopo di raggiungere il maggior numero di persone, essi allestiscono liste separate rivolte ad un pubblico particolare: giovani, donne o anche gli Svizzeri all’estero. Non vi sono dunque, in tal senso, comportamenti particolari dei partiti nei confronti degli Svizzeri all’estero.
Ma è evidente che la nostra organizzazione fa in modo che le promesse elettorali si concretizzino in azioni e che le aspettative degli Svizzeri all’estero non restino lettera morta. È la dimensione politica della nostra azione. E possiamo contare per questo su una solida rete di parlamentari federali che portano queste preoccupazioni in Parlamento.
Questa volta non è stato eletto nessuno Svizzero all’estero. Una provocazione: se tutti i 760’000 Svizzeri all’estero esercitassero il loro diritto di voto, avrebbero più potere e probabilmente disporrebbero anche di alcuni rappresentanti a Berna. Gli Svizzeri all’estero hanno davvero voglia di decidere su cosa succede in Svizzera? L’Italia dispone ad esempio di un circondario “Svizzera”. La Svizzera non dovrebbe istituire un circondario «Quinta Svizzera» e attribuirgli dei seggi “fissi”?
Il caso dell’elezione di Tim Guldimann nel 2015 è stato un caso abbastanza eccezionale. Egli aveva il vantaggio della sua funzione di ex ambasciatore ed era molto presente sui media zurighesi. In realtà, è quasi impossibile che uno Svizzero all’estero, molto spesso sconosciuto dagli elettori, riesca a farsi eleggere.
Il sistema attuale è basato su una rappresentanza indiretta dei 760’000 Svizzeri all’estero attraverso il CSE che è riconosciuto dalle autorità federali come l’organo «portavoce» della «Quinta Svizzera». Il CSE non ha una connotazione politica ma dispone di un grande margine di manovra per quanto riguarda la presa di posizioni. I temi trattati derivano spesso dalle preoccupazioni politiche, ma senza polarizzazione. Il sistema attuale di rappresentanza indiretta associato ad una rappresentanza diretta, quale era il caso quando Tim Guldimann sedeva in Parlamento, si è mostrata una combinazione molto efficace per difendere gli interessi dei nostri compatrioti all’estero. Si trattava di una testimonianza in prima persona che dava più peso alle nostre richieste.
Per quanto concerne la creazione di un «cantone degli Svizzeri all’estero», ciò richiederebbe una modifica della Costituzione federale e creerebbe un «Sonderfall», ossia che questo cantone non avrebbe né una connotazione geografica, né culturale, né una struttura politica propria.
Quale ruolo giocano in questo contesto politico pubblicazioni come la Schweizer Revue o la Gazzetta Svizzera?
Il loro ruolo è fondamentale. Non bisogna dimenticare che spesso, i nostri compatrioti all’estero sono lontani dalla realtà quotidiana della Svizzera e dunque anche dai dibattiti che vi si svolgono. Per questo è importante che ricevano un’informazione neutra e di qualità sui principali temi sociali che animano la Svizzera. Lo scopo è che essi possano formarsi un’opinione ed esercitare i loro diritti politici con cognizione di causa.
Nel 2023 gli Svizzeri all’estero potranno votare per via elettronica? E quali altri preoccupazioni della Quinta Svizzera lei e l’OSE metterete sull’agenda politica dei prossimi anni?
La risoluzione adottata dal CSE il 16 agosto 2019 a Montreux a favore del voto elettronico è stata inviata al governo svizzero affinché ne possa prendere conoscenza e agire in tal senso. A seguito di questa risoluzione, la Cancelleria federale ci ha informati che, verso la metà del 2020, allestirà un rapporto sulla situazione del voto elettronico. La Posta ha invece chiaramente riaffermato la propria volontà di sviluppare un nuovo sistema di voto elettronico che risponda a tutte le esigenze di sicurezza attese dal governo svizzero.
Siamo generalmente in contatto regolare con la Cancelleria federale, La Posta ma anche i governi cantonali allo scopo di seguire il dossier. E, se necessario, ricorreremo ai nostri contatti in Parlamento federale affinché le cose avanzino.
“Il ruolo della Gazzetta è fondamentale affinché i nostri concittadini all’estero ricevano un’informazione neutra e di qualità sui principali temi sociali che animano la Svizzera”
Biografia
Nata nel 1974 e vive a Berna.
Laureata nel 2001 in Lettere e scienze umane.
Nel 2014 ottiene un Executive Master in Business Administration (eMBA).
Dal 2014 al 2018 è stata co-direttrice e responsabile Marketing e Comunicazione per l’Organizzazione degli Svizzeri all’estero (OSE).
Dal 1.1.2019 è direttrice dell’Organizzazione degli Svizzeri all’estero (OSE).
Ha ottenuto nel 2011 la medaglia d’argento ai Best of Swiss Web Awards (categoria Usability), premio per il riconoscimento del sito SwissCommunity.org come uno dei progetti Internet faro del 2011 in Svizzera.