Visita guidata della Società Svizzera di Milano a Palazzo Reale
Henri Toulouse-Lautrec, nobile “bohémien” fondatore del manifesto pubblicitario
Palazzo Reale celebra Henri Toulouse-Lautrec con una magnifica e ampia retrospettiva che giustamente i soci della Società Svizzera di Milano non si sono lasciati scappare. Una proposta di visita guidata alla mostra è stata accolta con molto interesse e curiosità, e il 27 novembre il gruppo assaporerà e comprenderà appieno il fascino di questo irriverente artista, testimone ironico della Belle Epoque e della Parigi dei quartieri malfamati.
Henri è un agiato aristocratico francese, la cui vita è segnata da una patologia ossea congenita e da due brutte cadute che gli procurano irrecuperabili fratture alle gambe, compromettendogli lo sviluppo degli arti inferiori e dandogli l’aspetto di un nano. È così che Lautrec si avvicina curioso al mondo bohémien dei sobborghi parigini, dei café chantant, dei cabaret, delle ballerine del Moulin Rouge, del Moulin de la Galette e delle prostitute, ritraendo il profilo psicologico dei protagonisti con un realismo impressionante: la bella e raffinata Jane Avril, la sensuale e corposa Goulue, l’anticonformista visionario Aristide Bruant, imitato nel look dal suo ammiratore Federico Fellini, sono infatti personaggi reali che rappresentano il suo universo e la fonte della sua ispirazione.
Le novità della vita parigina del 1880 come la bicicletta, il telefono e i primi manifesti di pubblicità permeano e ispirano l’attività creativa di molti artisti, ma come dirà Toulouse-Lautrec: “Nel nostro tempo ci sono molti artisti che fanno qualcosa perché è nuovo. Vedono il loro valore e la loro giustificazione in questa novità. Tuttavia ingannano loro stessi: la novità è raramente l’essenziale”. Ma sarà proprio un’invenzione del suo tempo, quella della fotografia, ad appassionare l’artista che ne intuisce istintivamente le grandi potenzialità di espressione e si fa ritrarre dagli amici in pose ironiche e provocatorie, scatti completamente estranei e lontani dai comodi schemi della vita nobiliare della sua famiglia, come ad esempio la fotografia dell’amico Maurice Guibert dal titolo: “Henri de Toulouse-Lautrec in abiti giapponesi che si finge strabico”. Usa la fotografia per cogliere magistralmente le pose in movimento delle ballerine in un’istantanea; di sé dice: “Dipingo le cose come stanno, io non commento. Ie registro”, ma in realtà va oltre la semplice restituzione dell’immagine, come nell’elegante “Troupe de Mademoiselle Eglantine”, dove è raffigurato il ballo del can-can.
È esposto in mostra anche il solo autoritratto dipinto: “Il ritratto di Lautrec allo specchio”.
La recente invenzione della litografia e le moderne inquadrature della fotografia si prestano in modo particolare allo stile di Lautrec, che ha la straordinaria abilità di cogliere l’essenza del soggetto in pochi tratti. Ne è un esempio il manifesto, che ha decretato la sua fama, per il “Divan Japonais” del 1893, nel quale Tolouse-Lautrec fa l’ardita scelta di “tagliare” fuori dall’inquadratura la testa della bella cantante Yvette Guilbert, che si riconosce comunque per i lunghi guanti neri che sempre indossa quando si esibisce nel locale pubblicizzato; mentre la donna in primo piano è la nota ballerina Jane Avril, soggetto da lui elogiato in tante opere.
Alla passione per la fotografia si unisce il tema delle stampe giapponesi e del mondo fluttuante dell’ukiyo che Toulouse-Lautrec rielabora miscelando tecniche occidentali e poetiche orientali. La straordinarietà dell’artista sta proprio nel fondere questi due elementi, solo apparentemente inconciliabili, in un linguaggio unico e originale. È il caso dell’immagine dedicata alla giovane soubrette May Belford ritratta con apparente innocenza in abiti infantili con in braccio un gattino nero e canta “Mia mamma mi ha regalato un gatto nero, vuoi venire a vederlo?”, parole piene di connotazioni erotiche e chiaro riferimento alle geishe giapponesi.
Il Giappone per la prima volta partecipa alla Esposizione Universale del 1867 e le stampe giapponesi, le armi, le maioliche e le sete affascinano tutti gli intellettuali e gli artisti dell’epoca. Lautrec prende spunto dalle stampe giapponesi, soprattutto da quelle di Utamaro, per quanto attiene ai toni puri e alle linee sottili e li sviluppa nelle affiches che realizza tra il 1891 e il 1990, come ad esempio ne “La Goulue”.
Lo studio della realtà guida quindi la sua arte dove Montmatre e i suoi abitanti diventano i modelli celebrati spesso con ironia accentuando le inesattezze dei corpi, Si guadagna presto l’appellattivo di “mago della deformazione” e affascinato dai piccoli difetti delle donne dei Salon dirà: “Ho cercato di fare il vero e non l’ideale. Forse è un difetto, perché le verruche non hanno grazie ai miei occhi, e mi piace ornarle di peli pazzerelli, arrontondarle e metterci un punto lucido in cima”.
Alcuni poster assumono inoltre una valenza politica; ad esempio il celeberrimo “Reine de joie”, che ritrae un lascivo e anziano banchiere che passa le sue serate divertendosi con le cortigiane, viene associato all’ebreo Barone Rothshild, trasformandosi così in un manifesto antisemita.
Lo strepitoso illustratore e fondatore del manifesto pubblicitario riesce insomma a cogliere l’atmosfera di un’epoca in cui si esprimono le nozioni di velocità e modernità, ma purtroppo consumato dagli eccessi e dall’alcool muore a soli trentasette anni nel 1901.
“Il mondo fuggevole di Toulouse-Lautrec” offre al visitatore, fino al 18 febbraio, oltre 200 opere, di cui 35 dipinti, litografie, acqueforti e affiches provenienti dal Musée Toulouse-Lautrec di Albi e da altri importanti musei internazionali come la Tate Modern di Londra e la National Gallery of Art di Washington, oltre alla serie completa dei 22 manifesti, bozzetti e studi preparatori realizzati dall’artista.
Vi aspetto nel prossimo numero con la grande mostra dedicata a Michelangelo Merisi detto il Caravaggio. Anche per questa mostra la Società Svizzera di Milano ha organizzato una visita guidata per i propri soci.
Antonella Amodio,
Società Svizzera-Milano
Henri de Toulouse-Lautrec, Divan Japonais, 1892-1893, litografia, manifesto.