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Il ricordo della grande regista, autrice del capolavoro “I Basilischi, di lontane origini svizzere
Lugano – Il 9 dicembre di due anni fa, la grande regista Lina Wertmüller venne a mancare a Roma a 93 anni. Era di lontane origini svizzere, in quanto figlia di Federico, un avvocato discendente da una famiglia aristocratica di provenienza svizzera. Un suo antenato, Errico, era originario del Canton Turgovia e, in quanto primo sergente del 3° Reggimento Svizzero, intorno al 1830 fu stanziato a Napoli, nel quartiere Avvocata, in Vico San Giuseppe de’ Nudi.
Arcangela Felice Assunta Wertmüller von Elgg Spanol von Braueich, questo il suo nominativo per intero, aveva svolto lavori importanti già prima di diventare famosa, come aiuto regista nei maggiori film di Federico Fellini (La dolce vita e 8½), per la Rai e per il teatro.
Quando nel 1963 presentò il suo primo film al Festival di Locarno, “I basilischi”, ottenne subito il plauso di critica e pubblico e venne premiata con la Vela d'argento.
L’opera è l’esatta descrizione dell’immobilismo psicologico dei personaggi, incastrati nelle loro abitudini radicate nel profondo Sud dell’epoca. Un capolavoro. Mitiche molte scene, e memorabile – perché tragica e di infinita poesia – quella del suicidio dell’anziana vedova, una breve sequenza che pare avulsa dalla storia narrata ma che invece ne riassume il significato: la sparizione fisica come unica via di uscita dal paese asfissiante e senza speranza, come i suoi abitanti.
Un’opera rivelatrice dello stile e della personalità della regista che, in questo e nei futuri film, espone con arguzia, chiarezza, sarcasmo ma anche delicatezza, i contrasti, le aspirazioni di libertà di una intera società, quella italiana, maschilista e diffidente.
È erroneamente definita quale prima “regista donna” italiana, in realtà fu preceduta negli anni Quaranta e Cinquanta dalle registe Pina Rossi, Marcella Albani, Lorenza Mazzetti inventrice del “Free Cinema” inglese, e della documentarista Cecilia Mangini.
Ma quella che fa più testo di tutte fu Elvira Notari – che fece un lavoro a tutto campo, superando gli uomini colleghi suoi contemporanei – e che inventò il “cinema degli ultimi” nel periodo del muto, di cui fu protagonista assoluta, anche a livello mondiale, con sessanta lungometraggi da lei scritti, filmati, montati e prodotti.
Mentre quest’ultima subì la messa all’angolo da parte del regime patriarcale fascista, la Wertmüller acquisì meritata fama nell’epoca libera moderna e così, a causa di certa incompetenza giornalistica, “sottrasse” il titolo di prima regista alla dimenticata Elvira Notari.
Alcuni film di Lina Wertmüller sono gioielli incastonati nella storia cinematografica italiana e internazionale: prima regista ad essere candidata agli Oscar nel 1977 con “Pasqualino Settebellezze” (scaricabile dal web). Indimenticabili molti suoi film.
Dopo l’esordio con i Basilischi, e dopo altri lavori con attori popolari, realizzò un altro film con grande successo di pubblico incentrato sui contrasti tra Nord e Sud: “Mimì metallurgico ferito nell'onore” (1972), con la sua attrice prediletta Mariangela Melato e con Giancarlo Giannini qui in un ruolo di primo piano come in altri film a seguire della Wertmüller.
La coppia Melato-Giannini sortì effetti degni di nota in “Travolti da un insolito destino nell'azzurro mare d'agosto” che descrive ironicamente i contrasti sociali, politici, uomo-donna propri degli anni Settanta.
Il sodalizio fra la Wertmüller e la Melato fu forte per l’intesa caratteriale basata sull’ironia e la capacità di andare oltre gli schemi. Con Giannini fecero un’altra pellicola a carattere grottesco “Film d'amore e d'anarchia”.
Con un cast (Nastassja Kinski, Rutger Hauer, Peter O'Toole) e un respiro internazionale Wertmüller affronta il tema dell’Aids, assai scottante negli anni Ottanta, ne “In una notte di chiaro di luna”.
Memorabile il lavoro televisivo, divenuto poi un film, “Sabato, domenica e lunedì” con l’ottima Sophia Loren e con attori sopraffini della scuola Eduardiana – Pupella Maggio, Luca De Filippo, Nuccia Fumo, Ester Carloni, Enzo Cannavale, Mario Scarpetta, Isa Danieli – che riproduce una appassionante commedia sul tema dei rapporti famigliari scritta e interpretata nel 1959 da Eduardo De Filippo.
Lina Wertmüller si è congedata dal suo pubblico e dalla regia con “Roma, Napoli, Venezia... in un crescendo rossiniano”, regalando immagini di grande suggestione. In questo docufilm del 2014, accurato nei dettagli dell’ambientazione ottocentesca, un simpatico Gioachino Rossini descrive le tre città simboliche: la cultura di Roma, la passionalità di Napoli e il romanticismo di Venezia. Rossini racconta aneddoti e curiosità attraversando le strade più famose, in riferimento alle sue esperienze, ai suoi amori e al suo lavoro di compositore.
Nel 2020 è stato assegnato alla Wertmüller il Premio Oscar onorario. In quell’occasione le fu chiesto come aveva affrontato l’ambiente maschilista del cinema ai suoi esordi: «Me ne sono infischiata. Sono andata dritta per la mia strada, scegliendo sempre di fare quello che mi piaceva. Ho avuto un carattere forte, fin da piccola. Sono stata addirittura cacciata da undici scuole. Sul set comandavo io. Devi importi. Gridavo e picchiavo. Ne sa qualcosa Luciano De Crescenzo durante le riprese di Sabato, domenica e lunedì con Sophia Loren. Non faceva altro che gesticolare con l'indice di una mano e così per farlo smettere gli "azzannai" il dito».
Nel 2019 ha ricevuto anche la sua stella personale sulla "Walk of Fame" di Hollywood, dove molti celebri attrici e attori le hanno stretto la mano durante la cerimonia, tra cui Tom Hanks il quale ha dichiarato alla televisione Svizzera: «… da giovani eravamo affascinati dai soggetti dei suoi film, specialmente dalla loro trasgressione (…) prima conoscevamo i film di Fellini, Antonioni e tanti grandi registi italiani, ma poi uscì al cinema Pasqualino Settebellezze… e tutto il mondo conobbe Lina Wertmüller».
Annamaria Lorefice
lorefice.annamaria@gmail.com
1963, Lina Wertmuller premiata a Locarno, viene conosciuta a livello internazionale. Nella foto (fonte RSI) la applaude il grande attore svizzero Michel Simon. La regista aveva svolto lavori importanti già prima di diventare famosa. È stata aiuto regista nei maggiori film di Federico Fellini (La dolce vita e 8½), per la Rai e il teatro. È stata autrice e regista di Canzonissima e de “Il giornalino di Gian Burrasca”, ambedue enormi successi televisivi dell’epoca. Si è cimentata nella commedia teatrale e nel teatro lirico per varie stagioni e con i più grandi artisti.
Nel 2019, a 92 anni, riceve da Hollywood la sua stella in copia a quella infissa nel pavimento del famoso "Walk of fame” a Los Angeles.
Lina Wertmüller durante le riprese del suo capolavoro “I basilischi”, girato tra Puglia e Basilicata.