Imprese responsabili e finanziamento di materiale da guerra: due iniziative scaldano i dibattiti autunnali

L’iniziativa per imprese responsabili sta agitando e dividendo gli animi da diverso tempo. Al voto anche un testo per vietare il finanziamento di imprese che producono materiale bellico. Si vota il 29 novembre 2020.

L’iniziativa popolare per imprese responsabili, depositata nel 2016 e sottoscritta da 120’418 firme valide (100'000 sono quelle necessarie), chiede che le imprese che hanno la loro sede statutaria, l’amministrazione centrale o il centro d’attività principale in Svizzera debbano rispettare, sia in patria che all’estero, i diritti umani riconosciuti e le norme ambientali internazionali. Secondo l’articolo costituzionale proposto, le imprese potranno essere chiamate a rispondere non soltanto dei propri atti, ma anche di quelli delle imprese che controllano economicamente senza parteciparvi sul piano operativo. Nel frattempo, sono trascorsi oltre 4 anni e il Parlamento si è confrontato a lungo e in modo tormentato con l’iniziativa. Al termine di lunghi dibattiti esso ha trovato l’accordo su un controprogetto indiretto, che entra in vigore nel caso in cui il popolo rifiutasse l’iniziativa. Il controprogetto non prevede alcuna responsabilità per le filiali estere, ma invita le multinazionali a riferire ogni anno sulla rispettiva politica in materia di diritti umani. Contempla anche doveri di «diligenza» in materia di lavoro minorile ed estrazione di materie prime. Inoltre, la proposta parlamentare non introduce, contrariamente all’iniziativa, l'inversione dell'onere della prova.

Perché votare NO
Secondo il Consiglio federale, la maggioranza del parlamento, i partiti borghesi, l’economia e numerose associazioni, la responsabilità delle imprese svizzere attive all’estero anche alle loro filiali e dei fornitori è eccessiva e rischia di mettere a repentaglio numerosi posti di lavoro. Soprattutto sarebbe impossibile per un’impresa assumersi le responsabilità di decine (e talvolta centinaia) di fornitori e subfornitori all’estero, che in parte nemmeno conosce. Inoltre, l’inversione dell’onere della prova esporrebbe le imprese come uniche al mondo ad azioni ricattatorie dall’estero. Non da ultimo si denuncia l’approccio colonialista dell’iniziativa che di fatto impone il diritto svizzero in paesi esteri, facendo così trasparire una mancanza di fiducia nei confronti dello stato di diritto dei paesi stranieri. Il Comitato contro l’iniziativa ricorda che in caso di NO entrerebbe in vigore immediatamente il controprogetto indiretto – una regolamentazione tra le più severe al mondo - che prevede nuovi obblighi di diligenza e di rendiconto nonché nuove disposizioni penali. Il vantaggio di questa soluzione è che andrebbe meno lontano dell’iniziativa, la quale costituirebbe un unicum a livello internazionale.

Perché votare Sì
Gli iniziativisti incentrano la loro linea argomentativa sulla responsabilità che deve assumersi chi si affida al lavoro minorile oppure distrugge l’ambiente. Contrariamente al parere di contrari, essi ritengono che l’iniziativa si applichi solo alle grandi imprese con sede in Svizzera e non alle PMI. Inoltre, la responsabilità vigerebbe solo negli ambiti controllati dalle imprese, ossia dove un’azienda può controllare come si lavora. Sempre secondo il Comitato promotore, la persona che subisce un danno deve provare il danno, l’illegalità, la causalità e il controllo da parte della multinazionale. Se la direzione svizzera della multinazionale ha adoperato misure adeguate a prevenire tale danno, la causa verrebbe respinta. L’iniziativa è sostenuta da un collettivo di circa 80 organizzazioni non governative, attive in settori quali lo sviluppo, i diritti umani, ambientali e da diverse organizzazioni sindacali. Essa gode anche dell’appoggio di numerose personalità di spicco come gli ex consiglieri federali Ruth Dreifuss (PS) e Micheline Calmy-Rey (PS), l’ex consigliere agli Stati ticinese Dick Marty (PLR) e il presidente onorario del CICR Cornelio Sommaruga.

Materiale bellico: un’iniziativa ne chiede il divieto di finanziamento
A fine mese i cittadini si esprimeranno anche sull'iniziativa popolare del Gruppo per una Svizzera senza Esercito (GSsE) «Per il divieto di finanziare i produttori di materiale bellico».

La Svizzera partecipa alla fabbricazione e all’esportazione di materiale bellico come pistole, fucili d’assalto o carri armati. Sono invece già oggi vietati per legge il finanziamento, la fabbricazione e la commercializzazione di armi atomiche, biologiche e chimiche, mine antiuomo o bombe a grappolo.

L’iniziativa lanciata dal GSsE ritiene la legge attuale insufficiente e propone un divieto di finanziamento di tutto il materiale bellico, senza distinzione. Se il popolo svizzero accetterà l’iniziativa saranno vietati la concessione di crediti alle aziende che producono armi come pure la detenzione di azioni e prodotti finanziari legati ad imprese che realizzano più del 5% del fatturato con la produzione di materiale bellico.

Il Consiglio federale e il Parlamento si oppongono all’iniziativa ritenendo che essa non diminuirebbe la produzione di armi o i conflitti nel mondo. Inoltre, essi temono per le conseguenze economiche e finanziarie per la Svizzera cosi come per la previdenza vecchiaia e l’AVS/AI.

 

Iniziativisti ben organizzati: da mesi queste bandiere arancioni sono esposte su balconi, cancelli e davanzali di finestre in tutta la Svizzera. www.iniziativa-multinazionali.ch

Il logo di campagna dei contrari all’iniziativa: “Aiutare sì, ma non così”. www.noncosi.ch

Perché votare SÌ
https://commercibellici.ch/

Perché votare NO
https://gsse-no.ch/