Vai al contenuto

La SSR serve alle minoranze e anche agli Svizzeri all’estero

    A proposito della votazione popolare del 4 marzo 2018, detta “No Billag”

    La nostra democrazia diretta “convoca” alla urne il popolo sovrano tre o quattro volte all’anno e gli sottopone quesiti di vario genere (frutto di iniziative popolari o di referendum lanciati contro decisioni del parlamento federale). I temi in votazione non hanno tutti la medesima importanza e nemmeno sono sempre di facile comprensione. Abituato ad esercitare il proprio diritto di voto, il cittadino cerca comunque di dare la sua risposta migliore e occorre ammettere che la saggezza popolare ha contribuito a fare della Svizzera un paese modello.

    Il prossimo 4 marzo 2018 l’appuntamento con le urne è di quelli oggettivamente tosti. Un’iniziativa popolare, denominata “No-Billag”, chiede infatti di abolire il canone radiotelevisivo imponendo alla Confederazione di mettere a concorso le frequenze radiotelevisive e di rinunciare a qualsiasi forma di finanziamento diretto o indiretto dei media elettronici.

    L’accoglimento dell’iniziativa avrebbe conseguenze letali per il servizio pubblico radiotelevisivo svizzero. La Società Svizzera di radiotelevisione (SSR) non sarebbe più in grado – come ha sottolineato la presidente della Confederazione Doris Leuthard – di assicurare i suoi programmi dal momento che il 75 % delle sue entrate è data dal canone, mentre la pubblicità copre solo un quarto dei costi. L’iniziativa avrebbe però conseguenze anche per il sistema radiotelevisivo privato, dal momento che la legislazione federale riconosce anche a 13 TV regionali e 22 radio locali una quota parte del canone, in ragione del loro servizio pubblico regionale, complementare a quello nazionale della SSR.

    È opinione comune che si tratta di una votazione “storica” dall’esito incerto. Se prevalessero nel giudizio le valutazioni razionali, è difficile giustificare la scomparsa del polo radiotelevisivo pubblico e la messa a rischio delle emittenti private concessionate. È infatti innegabile che l’attuale sistema garantisce al meglio la pluralità nel dibattito, l’informazione dei cittadini (che è premessa fondamentale per il funzionamento della democrazia diretta), la promozione delle culture svizzere e la salvaguardia delle minoranze (grazie alla ripartizione solidale dei proventi del canone le regioni minoritarie di lingua francese e italiana hanno una radiotelevisione d’importanza primaria, mentre i romanci dispongono di una loro radio e di alcuni programmi televisivi).

    Il voto può però esprimere anche reazioni irrazionali. C’è chi sostiene che il canone è troppo elevato, il più caro d’Europa. Vero in termini quantitativi ma occorre ricordare che la SSR produce in quattro lingue e che per chiara volontà politica le minoranze ricevono molto di più di quello che pagano (la Svizzera italiana, a esempio, da il 5% del canone globale, ma la RSI ne riceve circa il 20 % per i suoi programmi. I sostenitori affermano che vogliono solo ridimensionare l’offerta della SSR, limitandola agli aspetti di “servizio pubblico” (informazione e cultura in particolare), ma l’iniziativa va ben oltre e se accolta porterebbe alla scomparsa della SSR e delle sue emittenti, lasciando il mercato della comunicazione nelle mani delle radiotelevisioni commerciali e creando rischio di ingerenze estere (come ha rilevato Doris Leuthard).

    Non è vero, dicono ancora i fautori dell’iniziativa, che scomparirebbero migliaia di posti di lavoro (la sola SSR occupa oltre 6’000 persone, se vi aggiungiamo i privati e l’indotto superiamo di gran lunga i 10 mila impieghi) perché nascerebbero comunque muove aziende. Questo può essere vero – comunque solo in parte – per la sola Svizzera tedesca, ma è escluso per la Romandia e la Svizzera italiana, regioni alle quali la Presidente della Confederazione ha augurato “Buona fortuna” in caso di accettazione dell’iniziativa.
    I due rami del Parlamento hanno condiviso la posizione del Consiglio Federale e a larga maggioranza (gli Stati addirittura all’unanimità) raccomandano al popolo di votare NO.

    Faccio mio questo appello anche all’attenzione della comunità degli Svizzeri all’estero perché convinto che anche dalla loro prospettiva la conferma di un sistema radiotelevisivo con un forte polo pubblico e una vivace e qualificata presenza privata è garanzia d’informazione completa, pluralistica e di qualità su quanto accade in Svizzera oltre che premessa per una promozione positiva dell’immagine della Svizzera all’estero. Senza dimenticare che l’apprezzato servizio online di Swissinfo.org (strumento in 10 lingue fondamentale per gli Svizzeri all’estero e la presenza della Svizzera nel mondo) è a sua volta per metà finanziato dalla SSR e ne dipende fortemente per gran parte dei contenuti.

    Filippo Lombardi
    Consigliere agli Stati
    Vicepresidente dell’Organizzazione degli Svizzeri all’estero