Intervista: Gazzetta svizzera
Maurizio Canetta, quale è la sfida principale del direttore della RSI?
Riuscire a gestire un’azienda di quasi mille impiegati con un budget di 230 milioni che produce e diffonde contenuti audiovideo, audio e digitali in modalità 24/7- ventiquattro ore al giorno, sette giorni su sette - nel rispetto della concessione federale di servizio pubblico e sempre attenti a rispondere alle esigenze e aspettative del pubblico, in un periodo storico di grandi cambiamenti, rivoluzioni e innovazioni. Ogni scelta o decisione è complessa e, spesso, il compromesso è d’obbligo.
Quali sono secondo lei i principali obiettivi della radiotelevisione pubblica in Svizzera (SSR) e quali quelli specifici di RSI nel contesto svizzero?
Abbiamo una concessione che ci attribuisce dei compiti: dal contributo alla coesione nazionale alla promozione di musica, letteratura e produzione audiovisiva svizzera, al contributo alla libera formazione delle opinioni del pubblico, tema particolarmente sensibile in una democrazia diretta. Sono compiti non semplici, ma il fatto che siano scritti e fissati nella concessione è per noi una garanzia importante: quella del senso profondo della nostra presenza e della chiara definizione dei nostri principi e valori.
La RSI vive una situazione di privilegio. Grazie al federalismo, che la SSR pratica con assoluta convinzione, la Svizzera italiana benificia del 22% del totale dei proventi del canone SSR – contributo finanziario e servizi forniti dalla centrale – a fronte del 4% delle entrate che genera attraverso il canone e gli introiti pubblicitari.
La RSI deve sempre riuscire a mantenere il giusto equilibrio tra tre diverse dimensioni: quella regionale della Svizzera italiana, quella nazionale, con la capacità di raccontare il resto della Svizzera a tutti coloro che parlano italiano nel paese, e la dimensione internazionale che ci consente di raccontare il mondo con il filtro svizzero.
L’anno scorso un’iniziativa chiedeva di abolire il canone radiotelevisivo e dunque privare la SSR della sua base esistenziale. Il popolo ha nettamente rifiutato questa proposta. Per quali ragioni secondo lei?
Penso che il fattore decisivo sia stato il desiderio della maggioranza degli svizzeri di conservare un sistema autorevole e indipendente in grado di assicurare voce e presenza a tutte le diverse componenti del paese. L’iniziativa No Billag chiedeva l’abolizione del servizio pubblico e la totale privatizzazione dell’etere. Per gli svizzeri il rischio di cedere ad entità estere il controllo dell’informazione svizzera e sulla Svizzera è insostenibile.
Perché gli Svizzeri all’estero dovrebbero seguire i programmi di RSI e quale programma specifico consiglierebbe?
Per mantenere un legame con le proprie radici e con l’italianità vissuta da un osservatorio molto particolare, che cerca di conciliare l’attenzione alla propria regione con l’apertura sul mondo. E ne abbiamo una testimonianza quotidiana ad esempio grazie alla rubrica dedicata agli espatriati nel programma mattutino di Rete Uno, Alba Chiara. In quei minuti di una telefonata in diretta poco radiofonica si mescolano storie di esperienze che hanno cambiato la vita delle persone, a volte anche radicalmente, ma che non hanno mai dimenticato le proprie radici, il proprio paese e la propria cultura. Quando si è lontani, guardare Il Quotidiano o ascoltare le cronache della Svizzera italiana è un’occasione per cogliere i cambiamenti che il paese sta vivendo, essere informati su quanto succede a casa. Con il sito rsi.ch e l’applicazione Play RSI, poi tutto è ormai s portata di clic a qualsiasi ora.
E quale è il suo programma radiofonico e televisivo preferito?
Sono un consumatore accanito di serie televisive, perché a mio parere rappresentano il vero racconto della società, ne interpretano gli umori e le passioni. Negli ultimi anni è cresciuta molto anche la produzione seriale svizzera con esempi di successo come Der Bestatter (Il Becchino) di SRF o Quartier des banques di RTS. E questa è una delle più importanti future sfide per noi di RSI: riuscire a produrre una serie fiction svizzero-italiana che segua queste orme e che possa essere diffusa in prima serata in tutta la Svizzera. Ci vorrà tempo, perché in quest’ambito produttivo di fondamentale importanza non è solo l’idea iniziale bensì la capacità di saperla sviluppare e scrivere. È un processo che richiederà tempo ma so che nella Svizzera- italiana sono molti i giovani creativi e di talento che potranno proporci le loro idee. E la RSI ben volentieri li aiuterà a svilupparle e a scriverle, offrendo anche la consulenza e l’aiuto di esperti del settore e l’opportunità di confrontarsi con professionisti nazionali e internazionali.
Con i nostri programmi gli Svizzeri all’estero mantengono un legame con le proprie radici e con l’italianità.
Biografia: Maurizio Canetta, classe 1956, è sposato e padre di due figli adulti.
Gli studi: studia lettere e filosofia all’Università di Pavia
Gli inizi: entra in RSI nel 1980. Dopo il praticantato giornalistico nella redazione del «Telegiornale» a Zurigo, è redattore, presentatore, inviato e capo edizione del «Telegiornale» fino al 1987.
Politica – Sport – Attualità: In seguito diventa corrispondente da Palazzo federale, produttore della «Domenica Sportiva» e del «Telegiornale». Nel 1993 assume la responsabilità del Dipartimento Sport, nel 2000 quella del «Telegiornale».
Gli approfondimenti e la cultura: Nel 2007 si occupa di «Falò» e dei magazine di approfondimento dell‘informazione. Nel 2008 assume la responsabilità del settore Cultura TV; a dicembre 2010 quella del Dipartimento Cultura. Dal 2012 al 2014 è responsabile del Dipartimento Informazione.
Al top: dal 1. giugno 2014 è Direttore dalla RSI e membro del consiglio di direzione della SSR. È presidente del Consiglio di fondazione della “Fondazione Patrimonio culturale” e presidente della Comunità Radiotelevisiva Italofona.