Un caso di doppia imposizione e rimborso risolto in Cassazione
Egregio Avvocato,
sono un doppio–cittadino italo-svizzero residente in Svizzera per lavoro sino a questa estate ma poi trasferito in Italia.
Immagino che a questo punto dovrò pagare le tasse in Italia e per il futuro mi sta bene.
Ma per l’anno in corso dove le devo pagare?
In Italia, in Svizzera o in entrambi i Paesi?
E che ne sarà delle tasse già pagate in Svizzera? Posso chiedere un rimborso?
Il mio commercialista sostiene di sì e quindi sarei a posto, perché in caso contrario rischio di pagare due volte e sarebbe un salasso.
Vorrei però che mi tranquillizzasse anche Lei. So che sono molti i dubbi ma spero che possa rispondere agevolmente perché è un problema che penso riguardi molte persone come me e nella mia situazione.
La ringrazio anticipatamente, anche per il suo impegno sulla Gazzetta Svizzera.
Cordialmente,
P.R. (Roma)
Caro Lettore,
in effetti i quesiti che Lei formula sono molti e nient’affatto semplici, dato che il tema è assai ampio.
Tuttavia, la grande fiducia che Lei ripone nella Gazzetta Svizzera ci induce a soddisfare i suoi dubbi, rispondendo nel modo più preciso possibile.
Allo stesso tempo, però, debbo dire che non saremo in grado di tranquillizzarla definitivamente, sia perché mancano una serie di informazioni di dettaglio essenziali sulla sua situazione, sia perché le decisioni dell’Agenzia delle Entrate e della giurisprudenza italiana sono spesso incerte ed oscillanti.
Casi come il suo, e altri analoghi, sono sempre più numerosi anche per via della accresciutissima mobilità internazionale nel mondo del lavoro. Le soluzioni interpretative offerte, però, variano in maniera continua.
Cerchiamo di fornire qualche elemento di informazione e riflessione.
Tassazione in Italia del reddito mondiale
Il principio generale in vigore in Italia è quello della tassazione del reddito mondiale statuito dall’art. 3 del Testo Unico Imposte sul Reddito (TUIR), in base al quale il soggetto residente fiscalmente in Italia subisce la tassazione italiana del reddito, ovunque questo sia prodotto (“worldwide taxation principle”).
Il principio suddetto soffre, poi, alcune eccezioni, soprattutto in caso di redditi prodotti all’estero o di particolari categorie di contribuenti. Tali situazioni sono di norma disciplinate nelle convenzioni bilaterali contro le doppie imposizioni (CDI), come nel caso di Italia e Svizzera.
Eccezioni: CDI I-CH del 1976
Nella sua specifica vicenda rileva infatti l’Accordo l’Italia e la Svizzera del 9 marzo 1976, in vigore dal 27 marzo 1979 (CDI I-CH).
Tale accordo bilaterale disciplina sia i redditi delle libere professioni (art. 14), sia quelli da lavoro dipendente (art. 15), sia ancora retribuzione occasionali come i gettoni di presenza, ad esempio quale membro di un consiglio di amministrazione (art. 16), ovvero ancora redditi di artisti dello spettacolo (art. 17), e vari altri aspetti.
Ulteriore e diversa disciplina ancora è quella prevista per i lavoratori frontalieri che è stata oggetto di un recentissimo nuovo accordo firmato il 23 dicembre 2020 dall’Italia e dalla Svizzera.
Purtroppo la sua lettera non specifica la natura del suo reddito, né se era residente / domiciliato in Svizzera da tempo, e nemmeno il dato temporale preciso del suo rientro in Italia, per cui possiamo solo fornire delle indicazioni di massima alla luce di qualche più recente pronuncia e degli orientamenti delle autorità fiscali italiane e della giurisprudenza.
Il caso. Doppia imposizione o imponibilità in Italia?
Ebbene, a tal proposito segnalo una decisione adottata dalla Corte di Cassazione, Sez. VI Civ., n. 12921 del 13.5.2021 in materia di reddito da lavoro dipendente. Nella vicenda in oggetto un cittadino italiano aveva svolto lavoro dipendente a favore di una società svizzera pagando le tasse in Svizzera ove aveva soggiornato per 186 giorni e quindi più di metà dell’anno.
Avendo poi fatto ritorno in Italia aveva presentato dichiarazione dei redditi in Italia, pagando le relative tasse ma richiedendo in seguito il rimborso delle imposte versate sul presupposto che tali redditi fossero imponibili solo in Svizzera.
L’Agenzia delle Entrate aveva negato tale diritto mentre, la Commissione Tributaria Regionale del Piemonte aveva dato ragione al contribuente proprio sulla base della CDI I-CH del 1976, di qui il ricorso in Cassazione del Fisco Italiano.
La soluzione
Ebbene, la Cassazione ha statuito la prevalenza delle norme pattizie contenute nella CDI I-CH del 1976 e, su tale condivisibile presupposto e corretto principio ha affermato che un italiano che soggiorni per più di 183 giorni in Svizzera per motivi di lavoro dipendente ha diritto di scomputare le imposte svizzere dal carico fiscale netto, fino alla concorrenza della quota d’imposta corrispondente al rapporto tra reddito estero e reddito complessivo (al netto di eventuali somme di precedenti periodi di imposta ammesse in diminuzione).
La disciplina che si ricava dalla norma convenzionale, applicabile al caso (art. 15 CDI I-CH) in sintesi è la seguente (fatte salve altre eccezioni degli artt. 16, 18 e 19):
- lo stipendio pagato al residente fiscale di uno stato (Italia) è imponibile solo in tale Stato, salvo che l’attività remunerata venga svolta nell’altro Stato contraente (Svizzera);
- in quest’ultimo caso, infatti, quanto percepito per la prestazione nell’altro Stato è imponibile in questo altro Stato (Svizzera).
Il 2° comma della disposizione pattizia internazionale prevede però un’eccezione alla regola sopra: nel caso il residente fiscale di uno Stato contraente (Italia) venga remunerato per attività svolta nell’altro Stato (Svizzera), il reddito sarà imponibile solo nel primo Stato (Italia), purché:
- il beneficiario abbia soggiornato nell’altro Stato meno di 183 giorni,
- lo stipendio sia stato pagato da un datore di lavoro non residente nell’altro Stato (e quindi italiano).
La vicenda descritta, in base agli stessi dati forniti dalla sentenza non sembra ricadere in quest’ultima eccezione.
La Cassazione, quindi, sul presupposto che vi sia doppia imposizione per via della concorrente presenza di redditi italiani contenuti nella dichiarazione, applica l’art. 24 CDI I-CH che, per evitare la doppia imposizione, prevede in tal caso che l’Italia, nel calcolare le proprie tasse possa includere nella base imponibile di tali imposte detti elementi di reddito, “a meno che espresse disposizioni della presente convenzione non stabiliscano diversamente”.
In tal caso l’Italia deve dedurre dalle imposte così calcolate l’imposta pagata in Svizzera ma la deduzione non può superare la quota di imposta italiana dovuta sui predetti redditi.
Meno chiaro ad un’attenta lettura è apparso l’argomentare complessivo (un po' sintetico nei presupposti fattuali) che ha anche richiamato l’art. 19 CDI I-CH sulle remunerazioni e le pensioni corrisposte dallo Stato.
In altre parole, posto che l’imposizione fiscale italiana è più alta, il contribuente nel caso esaminato ha potuto dedurre in parte dalle tasse pagate in Italia quanto già versato in Svizzera e quindi ottenere il rimborso nei termini detti.
Conclusione
La situazione, come vede, era ingarbugliata e alla fine il contribuente ha avuto la meglio sull’Agenzia delle Entrate, sebbene con fatica e dispendio notevole di tempo e di denaro.
Si ingenera comunque una confusione che, purtroppo, non giova alla certezza del diritto ed alla serena pianificazione fiscale, due elementi fondamentali per il cittadino e per stimolare anche investimenti in Italia.
Da operatori del diritto speriamo sempre in un miglioramento della situazione. Vedremo il futuro cosa ci riserva. Certo è che ogni valutazione in questo ambito deve essere affidata ad un fiscalista esperto e basarsi innanzitutto su di un’attenta analisi degli elementi di fatto.
Mi auguro che queste poche righe possano essere di chiarimento e saluto Lei e tutti i nostri Lettori.
ed a tutti i nostri Lettori, con l’auspicio di una buona ripresa a settembre.
Avv. Markus Wiget