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Residenza fiscale all’estero a rischio?

    Il criterio di tassazione del domicilio italiano come centro di interessi prevalente

    Egregio Avvocato,
    mi rivolgo a Lei per la prima volta per chiederLe un consulto sulla Gazzetta Svizzera o eventualmente anche privatamente. Ho letto infatti negli ultimi numeri alcuni articoli sulla residenza fiscale nonché sulla tassazione in Italia di redditi prodotti in Svizzera e quanto ho appreso mi ha un po' preoccupato.

    Le spiego la mia situazione. Sono cittadino italiano e sono sposato con una doppia nazionalità, italiana e svizzera. Mia moglie vive un po' di tempo in Francia per accudire i suoi anziani genitori ed in particolare la mamma che è malata. Mia moglie ha anche preso la residenza francese, iscrivendosi regolarmente all’AIRE, è libera professionista e cura i propri interessi dall’estero.

    In Francia è anche proprietaria per donazione di metà dell’immobile dove vivono i suoi genitori.
    Io invece sono regolarmente residente qua in Italia e svolgo un’attività imprenditoriale nell’azienda della mia famiglia, ove sono amministratore e socio insieme a mia moglie, a mia sorella e mio cognato.

    Con me in Italia vive anche mia figlia che studia all’università. Mia moglie ed io ci vediamo alternando periodi in Francia e in Italia, ma facendo ben attenzione, quando viene a trovarci o quando passiamo delle vacanze insieme, a non farle mai superare il limite di 6 mesi trascorsi in Italia.

    Sino ad oggi, anche con il conforto del nostro consulente fiscale, siamo stati sempre tranquilli e convinti di essere in regola e di non avere nulla da temere.
    Dopo aver letto le vicende di alcuni lettori pubblicate nella Sua Rubrica legale, però, non ne sono più tanto convinto. Mia moglie dice di non preoccuparmi, ma io ho ritenuto di chiedere una conferma anche a Lei. La ringrazio se potrà risponderci su queste pagine o altrimenti fissarmi un appuntamento.
    O.F. (Verbania)


    Caro Lettore,
    mi spiace averLa fatta preoccupare, ma la questione che Lei pone è tutt’altro che banale, ed in effetti un’analisi della casistica sia della prassi dell’Agenzia delle Entrate, sia della giurisprudenza della Corte di Cassazione italiana, confermano la complessità e la delicatezza della problematica.

    Se da un lato vi sono situazioni estremamente chiare, ove i contribuenti hanno cercato di fare i “furbetti” con residenze all’estero fittizie puntualmente sanzionate dal fisco italiano, dall’altro lato sono aumentate le incertezze, le cosiddette “zone grigie”, ove non si è trattato di simulare delle situazioni ma per una ragione o per l’altra il fisco ha ritenuto che i soggetti fossero fiscalmente residenti in Italia.

    La ringrazio dunque per la sua richiesta che ci consente di fare ancora una volta, se non proprio chiarezza, un po’ di informazione sullo stato dell’arte.
    Proverò quindi a rispondere esemplificando, come già fatto, due casi dubbi decisi dalla Corte di Cassazione.

    Il primo caso. Residenza in Svizzera e evasione fiscale.
    In questo caso deciso dalla Corte di Cassazione penale con sentenza del 23.4.2021 n. 15314, si trattava di un soggetto residente in Svizzera che era amministratore delegato e socio unico di una nota società italiana, nonché legale rappresentante di altre società collegate alla stessa.
    Inoltre, costui disponeva di una abitazione in Italia in uso esclusivo alla famiglia, era titolare della tessera dell’SSN (Servizio Sanitario Nazionale), i figli minori frequentavano scuola in Italia ed era iscritto anche a circoli sportivi.
    Tale soggetto non aveva presentato la dichiarazione in Italia, ritenendo di non esservi tenuto in forza della residenza in Svizzera che era risalente anche a vari anni precedenti.
    A nulla è valso il certificato di domicilio (residenza) svizzero, l’attestazione di iscrizione all’AIRE, il permesso di soggiorno di tipo C, il pagamento delle imposte in Svizzera, la pendenza di una richiesta per l’ottenimento della cittadinanza svizzera, la stipula di polizze assicurative, un coniuge svizzero che ivi aveva una propria attività lavorativa, e nemmeno è bastata la mancata iscrizione all’anagrafe degli assistiti SSN.

    La soluzione
    La Cassazione, infatti, ha ritenuto che il soggetto avesse il proprio domicilio in Italia ai sensi del Codice civile, e cioè come sede principale degli affari ed agli interessi economici oltre che almeno parzialmente le proprie relazioni personali ed affettive.
    Si è quindi data prevalenza al luogo in cui tali interessi venivano gestiti abitualmente in modo riconoscibili dai terzi.
    Il malcapitato, poi, si è visto anche confermare la condanna penale per evasione fiscale ad un anno e due mesi di reclusione, avendo con i propri redditi superato la soglia di imposta evasa, pari all’epoca a 50.000 euro.

    * * *

    Il secondo caso. Residenza o domicilio?
    In altra e diversa vicenda (che non coinvolgeva la Svizzera ma che interessa a maggior ragione) la Corte di Cassazione, questa volta civile, con sentenza, n. 11620 del 4.5.2021 su ricorso dell’Agenzia delle Entrate avverso altra sentenza sempre della Commissione Tributaria Regionale del Piemonte, ha ritenuto che un soggetto iscritto all’AIRE avesse mantenuto in realtà il proprio domicilio in Italia come luogo stabile della gestione dei propri interessi ed affari.
    Ciò la Cassazione ha fatto nonostante la persona fisica fosse proprietaria di un immobile all’estero (Spagna) ove viveva effettivamente con il coniuge sino al divorzio e poi con una delle figlie, trascorrendovi la maggior parte dell’anno.

    La soluzione
    La Cassazione, infatti, aderendo all’interpretazione dell’Agenzia delle Entrate ha ritenuto anche in questo caso che, nonostante la dimora abituale e la residenza anagrafica all’estero, il domicilio civilistico prevalesse anche rispetto al luogo delle relazioni affettive e famigliari, sulle seguenti basi:
    * la persona fisica aveva effettuato frequenti viaggi in Italia;
    * vi erano spostamenti in diversi comuni in vari centri commerciali e presso un’azienda agricola;
    * vi erano anche spostamenti giornalieri in Italia del coniuge;
    * oltre alla circostanza di aver ricoperto cariche in enti e in una società;
    * nonché l’apertura di conti correnti con recapito in Italia.
    In ultima analisi, la Cassazione ha affermato che la sede principale di affari ed interessi della persona fisica (ex art. 43 Codice Civile) fosse l’Italia, giudicando prevalenti una serie di elementi lavorativi e professionali a scapito di quelli affettivi e famigliari, per affermare la residenza fiscale in base all’art. 2 TUIR, poiché il domicilio era riconoscibile dai terzi.
    In altri casi, invece, è accaduto che ai fini della tassazione fossero ritenuti preponderanti interessi affettivi rispetto ai primi (residenza di figli minori, scuole frequentate, coniuge e famigliari).
    In effetti, l’art. 2 TUIR considera i due criteri della residenza anagrafica o del domicilio alternativi ai fini della imposizione fiscale italiana, per cui è sufficiente che ne ricorra uno solo.

    * * *

    Conclusione
    Come vede, caro Lettore, la situazione di Sua moglie è tutt’altro che tranquillizzante, poiché se è vero che essa può vantare una serie di elementi a favore di un’effettiva residenza anagrafica e di una dimora abituale all’estero (immobile in comproprietà, i famigliari all’estero bisognosi di cura ed assistenza, un attività professionale magari interamente all’estero, l’iscrizione all’AIRE), dall’altro lato vi sono una serie di elementi che depongono viceversa per un domicilio in Italia come centro prevalente dei propri interessi (affetti famigliari e coniugali altrettanto importanti in Italia, cariche sociali e titolarità di quote societarie, frequenti spostamenti dalla Francia in Italia e probabilmente anche all’interno del territorio italiano).

    Vi sono poi anche altri elementi che possono venire considerati, quali ad esempio proprietà immobiliari e conti correnti anche in Italia, iscrizioni ad associazioni o circoli, ecc.
    Non è possibile quindi escludere che anche nel suo caso l’Agenzia delle Entrate potrebbe manifestare il proprio interesse per una situazione che effettivamente sembra rientrare in una zona che prima abbiamo definito come “grigia”.

    È evidente, infatti, che il concetto di domicilio come centro di interessi prevalente e riconoscibile da terzi, aumenti ancor più il margine di discrezionalità nelle valutazioni.
    È quindi opportuno non solo valutare la propria situazione fiscale nel momento in cui si assume una residenza all’estero, ma anche rivalutare la stessa nel corso del tempo con esperti della materia, alla luce di eventuali novità legislative o sviluppi interpretativi delle autorità fiscali.

    Resta da sperare di non finire sotto i riflettori del fisco perché poi gli esiti sono spesso incerti.
    Spero di essere stato utile a Lei ed altri Lettori in situazione magari simile alla Sua, e colgo l’occasione per augurare comunque a tutti un sereno Natale, auspicabilmente in compagnia dei propri cari, ed un felicissimo anno nuovo!

    Avv. Markus Wiget