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“Rivivo sempre quell’azione. Battere l’Italia fu incredibile”

    Con una vittoria sulla Georgia, la Svizzera si è qualificata per gli europei di calcio del 2020. Il sorteggio effettuato ha definito che la nostra Nazionale è nel gruppo A con Italia, Turchia e Galles. La sfida con l’Italia porta i ricordi al 1993, quando la vittoria degli elvetici sugli azzurri ha avuto del clamoroso. Marcello Pellizzari del Corriere del Ticino ne ha parlato con Marc Hottiger, autore del gol “storico” che ha sancito la vittoria della Svizzera a Berna.

    Marc Hottiger oggi ha 52 anni. Il capello non è più quello brillante e selvaggio di un tempo, ma il ricordo del «suo» Svizzera-Italia è ancora vivo. Aspettando Euro 2020 e il derby di Roma, riavvolgiamo il nastro per tornare al 1993.

    Signor Hottiger, il prossimo 17 giugno ci sarà un nuovo derby con l’Italia. Che effetto le fa?
    «Ho detto: super. Sfideremo una grande nazionale in un contesto particolare come gli Europei. Un calciatore vive per partite del genere. Gli azzurri stanno rinascendo, sono stati protagonisti durante tutta la campagna qualificativa. E noi, beh, noi siamo rispettati».

    Tutti, visto l’esito del sorteggio, hanno pensato a lei e al gol che stese gli azzurri a Berna. Erano le qualificazioni ai Mondiali di USA ‘94. Che significato dà, oggi, a quell’exploit?
    «Io, di mio, non ho pensato per forza di cose al gol. Certo, è un ricordo che mi accompagna sempre. E il sorteggio di Euro 2020 lo ha riportato a galla. Il significato? È stata la mia rete più importante. Il fatto che se ne ricordino tutti mi riempie di orgoglio».

    Battere l’Italia, allora, aveva del miracoloso. Conferma?
    «Fu un miracolo, sì. Eppure, la nostra vittoria non fu frutto del caso. Anzi, considerando il 2-2 di Cagliari all’andata direi che disputammo due ottime partite contro l’Italia. Di più, avremmo meritato non una ma due vittorie. Detto ciò, la Svizzera allora non era certo la nazionale di oggi. Veniva da anni difficili e la nostra fu la prima generazione a staccare il biglietto per un Mondiale dopo 28 anni. Quella, poi, era un’Italia pazzesca. Allenata da un fenomeno come Sacchi e con campioni assoluti».

    Cosa fece la differenza?
    «Noi. Intendo il gruppo. Roy Hodgson ci diede solidità. Ci fece capire che il sogno della qualificazione era possibile. Superammo un girone tosto, con Italia, Portogallo, Scozia.
    Da Sacchi, poi, il mister aveva preso il gusto per la tattica. Il vecchio Roy era un maestro nel metterci in campo. Era uno avanti per quegli anni».

    L’azione che portò al gol se la ricorda bene?
    «Altroché. La rivivo spesso. Non appena segnai, tutti mi dissero: ma cosa ci facevi tu, un terzino, nell’area italiana? In effetti era strano. Ma l’azione cominciò proprio da me. Fui bravo a seguirne lo sviluppo. Ci fu un contrasto fra Sutter e un italiano, poi la palla come per magia arrivò a me. Ero sul filo del fuorigioco, lì per lì non ci feci caso e, senza riflettere, tirai in porta. Gol. Una gioia magnifica».

    Gli italiani, in effetti, alzarono la mano per chiedere il fuorigioco.
    «Io non ci pensai, appunto. Ma se rivedo l’azione, oggi, dico che sono stato fortunato. Nel 1993 il VAR non esisteva e la chiamata del segnalinee, vista la dinamica, non fu per niente evidente. A tutti quelli che me lo chiedono ripeto sempre che l’assistente, nella circostanza, fu eccezionale».

    La sua Svizzera, qualificandosi a USA ’94, aprì un’epoca felice. Lei e i suoi ex compagni vi sentite un po’ i padri della squadra di oggi?
    «Sì, tutto cominciò grazie a noi. Prima di Hodgson, la Svizzera sfiorò a più riprese l’exploit. C’erano già ottimi giocatori e c’erano già allenatori validi. Uno su tutti: Uli Stielike. Ma Roy ci diede un’impostazione tattica diversa e, soprattutto, una mentalità offensiva. E poi avevamo campioni assoluti, di classe mondiale. Dopo Euro ‘96 attraversammo di nuovo un periodo nero, d’accordo, però la Federazione fu brava a sfruttare i nostri successi per costruire».

    Può spiegarsi meglio?
    «Beh, l’Associazione svizzera di football sfruttò il nostro mo-mento e i soldi che entrarono grazie a Mondiali ed Europei per investire pesantemente nella formazione. Una scelta intelligente e oculata. Oggi il nostro è un Paese virtuoso in termini calcistici, capace di produrre talenti. Non solo, la Svizzera, intesa come squadra maschile maggiore, oramai è una realtà consolidata e per alcuni anche temuta. Non è più la piccola Svizzera, semmai è una nazionale matura».

    Oggi, per un calciatore elvetico, giocare all’estero è più facile. Ai suoi tempi bisognava davvero farsi notare. Qualche rimpianto?
    «No, la mia carriera l’ho fatta e sebbene fosse difficilissimo per noi emigrare ho vestito le maglie di Newcastle e Everton in Premier League. È chiaro, la legge Bosman ha cambiato il calcio al punto che, oggi, per uno svizzero è quasi scontato andare all’estero. Se proprio, il solo rimpianto è legato ad un’eventuale esperienza in Bundesliga dopo l’Everton».

    Torniamo al derby con l’Italia: è solo una questione ticinese o è sentito in tutta la Svizzera?
    «A nome dei romandi, posso assicurare che le partite con l’Italia sono sentitissime. Dei derby veri e propri. Io stesso ho moltissimi amici italiani. Certo, in Ticino è questione di vita o di morte diciamo. Ma è un match particolare anche per noi. Gli svizzero-tedeschi forse sognano la Germania, noi no. L’Italia è come la Francia».

    LA SUA SCHEDA
    Giocò anche in Inghilterra
    Oggi lavora in Federazione
    Nato a Losanna il 7 novembre del 1967, Marc Hottiger in carriera ha vestito le maglie di Losanna, Sion, Newcastle, Everton, ancora Losanna e Sion. Ha collezionato anche 63 presenze e 5 reti con la nazionale rossocrociata. Con la Svizzera ha disputato i Mondiali del 1994 e gli Europei del 1996. Appese le scarpette al chiodo, ha lavorato per il Team Vaud mentre dal 2018 si occupa della promozione delle giovani leve in seno all’Associazione svizzera di football.

    58 sono i precedenti fra Svizzera e Italia.
    Il bilancio parla di 28 successi azzurri, 22 pareggi e appena 8 vittorie elvetiche

    1993 è l’anno dell’ultima affermazione elvetica. A Berna, in occasione delle qualificazioni per USA ’94, finì 1-0 con rete di Hottiger

    Marc Hottiger supera senza troppi complimenti Roberto Baggio. Il terzino romando decise con un gol la sfida del 1993 a Berna.

    Marcello Pelizzari In collaborazione con