Temperature e temperamenti

“Il peggio (non) è passato: aneddoti di una mamma italiana in Svizzera” di Linda Fallea Buscemi – Islandbooks

Finalmente, stando al calendario, questo inverno volge al termine; un inverno che però, a dire il vero, non è sembrato affatto degno del suo nome. Dopo tanti giorni di sole, che hanno indotto le piante – e non solo – a credere che fosse arrivata davvero la primavera, qualche giorno fa la colonnina di mercurio è letteralmente precipitata. Mi riferisco ad un fine settimana in cui (con l’occhio lacrimoso per la rinite allergica dovuta ai pollini, che dove abito io impazzano) sono rimasta a casa con la voglia di fare solo quelle piccole cose rinviate nel tempo. Insomma, in realtà … tisane, plaid e casa! Ogni tanto ci vuole e il cambio di stagione, quando fa brutto fuori, sembra proprio invitare a rintanarsi un po’ tra le proprie cose e i propri pensieri. Mi aggiro un po’ stralunata per casa: le risate di mia figlia giungono dal piano di sopra, dove gioca con un’amichetta; le due si stanno sganasciando letteralmente dalle ristate e solo a sentirle, dopo poco, comincio a ridere anch’io e con me il mio cuore (trovo che, come genitore, il suono più bello che si possa udire sia quello pieno delle risate di cuore dei propri figli!). Dopo alcuni minuti, le risate sembrano provenire dal bagno grande, quello pieno di specchi, dove un cassetto, fino ad oggi usato solo ed esclusivamente da me, trabocca di trucchi e belletti. Certo, prima o poi doveva succedere che la mia bambina, sempre più grande, cominciasse a giocare con i miei trucchi. Mi chiede se può usare la mia macchina fotografica – quella buona – per fare un photoshooting, un vero servizio fotografico con la sua amica. Anche se in bagno sembra siano entrati i ladri, non voglio rimproverarla, anche perché ripenso a quando alla sua età (insieme alla mia inseparabile cuginetta) adoravo anche io usare i trucchi di mia zia e indossare, appena possibile, gli abiti di mia madre, borse e scarpe comprese. Prendo la mia macchina fotografica, le ricordo le funzioni principali e improvviso per loro uno sfondo con un pareo leopardato, di discutibile gusto ma senz’altro più simpatico del muro scelto da loro: sono contentissime! In tutto questo da fare, guardo la finestra e non riesco a credere ai miei occhi: nevica! Ma in fondo si sa … marzo è pazzo; ciononostante, non riesco a trattenere lo stupore e gridacchiando piena di meraviglia cerco di coinvolgere le due signorinelle … Macché?! Calma piatta! Le due sono evidentemente stupite, i loro occhi sono sgranati (non per la neve in primavera) e sembrano dire … ma questa che ha? Ciononostante, la loro reazione al mio entusiasmo è pressoché nulla: avverto a malapena un timido yuppie di mia figlia e (come al rallentatore) un tristissimo yeeesss della sua amica. Avete presente quando per errore si ascoltava un 45 giri alla velocità del 33 e la voce usciva leeeenta, cuuupa? Bene. Non posso fare a meno di ridere e dire loro che entusiasmo! Yeeeesss. Questa mia osservazione, fatta un po’ sul serio e un po’ per spirito, sortisce effetti ben più sorprendenti della neve in primavera: scoppiano a ridere, dandosi, di lì a poco, a manifestazioni di entusiasmo che mi trasmettono finalmente un po’ più di soddisfazione. Mi accorgo, per l’ennesima volta, di quanto diversi siano i modi di esternare i propri sentimenti, già tra connazionali e a maggior ragione tra appartenenti a culture diverse. Non esiste giusto o sbagliato, meglio o peggio, il più delle volte si tratta solo di diverse abitudini … a diverse latitudini; temperamenti che si fanno più focosi man mano che le temperature si fanno meno rigide. E che risate, quando mi rivolgo alla piccola ospite complimentandomi con lei per il fatto che … già un’oretta a casa mia e il tuo temperamento ne risente! Mi ritiro nel mio studio, riflettendo su quanto l’ambiente esterno possa influire sul carattere delle persone. Questa, del resto, non è solo una mia idea; esiste, infatti, una disciplina ben precisa, la Antropologia culturale, che studia i diversi tipi di comportamenti sociali degli uomini, le rispettive modalità, tipiche di ogni diversa cultura, nonché il pensiero che regola i comportamenti stessi. Ho letto che gli antropologi concordano prevalentemente sul fatto che emozioni e sentimenti non sono al cento per cento universali, o per lo meno – cosa evidente a tutti – non vengono espressi ovunque allo stesso modo. Dunque, anche gli stati d’animo più sentiti (gioia, dolore, paura, …) non si manifestano in uguali comportamenti nei diversi contesti sociali e in un luogo piuttosto che in un altro. Determinanti, infatti, risultano i modelli culturali recepiti durante l’infanzia e poi, naturalmente, nel corso della vita. Ci sono sensazioni provate in ogni angolo del pianeta, ma le modalità con cui vengono fuori sono distanti anni luce. Si pensi al modo in cui avverte e riesce ad esprimere il senso della “nostalgia di casa” uno scandinavo o un brasiliano (saudade …) oppure ancora -senza andare tanto lontano- un italiano del sud o uno svizzero-tedesco. L’amichetta di mia figlia, con il suo tono da 45 giri messo a 33 per esprimere la meraviglia, ha risvegliato il mio puntuale stupore di fronte al così tanto variegato ventaglio di comportamenti sociali che ho modo di osservare, per lo più da quando ho lasciato il mio “Bel Paese” per trasferirmi a Zurigo. Seduta alla mia scrivania mi sento bene e la giornata uggiosa m’invita a riflettere sul fatto che, giro girando, per fortuna non siamo tutti uguali …

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