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La Svizzera si prepara a due referendum autunnali tra identità e proprietà

    In un anno insolitamente calmo sul piano delle votazioni federali, il 28 settembre la popolazione svizzera torna alle urne in un momento simbolico: per la prima volta, infatti, le schede di voto ufficiali saranno redatte anche in romancio.


    Referendum contro la Legge sull’Id-e - La Svizzera a un bivio digitale tra rivoluzione tecnologica e scetticismo

    In cammino verso l’identità elettronica svizzera

    Da anni, la questione di un’identità digitale anima il dibattito pubblico e politico svizzero. Il lungo percorso verso una soluzione condivisa è stato caratterizzato da un alternarsi di spinte innovative e moti di diffidenza, soprattutto per quanto riguarda la tutela della privacy e la gestione dei dati. Già in passato la Svizzera aveva tentato di introdurre un sistema simile: la prima versione dell’identità elettronica (Id-e), sottoposta al voto popolare nel 2021, fu bocciata in modo netto dal 64,4% dei votanti, in un clima segnato dai timori legati all’eccessiva delega delle informazioni personali a operatori privati e al rischio di abuso dei dati.

    Raccogliendo le lezioni del passato, il nuovo testo della Legge sull’Id-e sottoposto a scrutinio il 28 settembre 2025 rappresenta un nuovo compromesso. La proposta poggia su due pilastri: da un lato, l’identità elettronica verrebbe rilasciata e gestita esclusivamente dallo Stato, riaffermando la sovranità pubblica sulla protezione dei dati; dall’altro, il carattere facoltativo e gratuito dello strumento dovrebbe attenuare le paure di esclusione e di controllo obbligato.

    Tra innovazione pubblica e sfide democratiche

    L’Id-e si configura quindi come un’identità elettronica statale, pensata per semplificare l’accesso a numerosi servizi pubblici e privati. I cittadini che vi ricorreranno potranno identificarsi online per richiedere documenti amministrativi come la patente di guida o l’estratto del casellario giudiziario, dimostrare l’età in caso di acquisti di prodotti riservati a maggiorenni, accedere a piattaforme o svolgere transazioni digitali in sicurezza.

    Al centro della nuova architettura normativa si trovano garanzie rafforzate in materia di sicurezza e protezione dei dati personali. L’intera infrastruttura verrebbe vincolata a severi standard: nessun dato potrà essere ceduto a soggetti privati e la titolarità dei processi di autenticazione rimarrà rigorosamente pubblica. Le posizioni favorevoli all’introduzione, capitanate dalla coalizione digitalswitzerland, sottolineano la necessità di dotare la popolazione di un’identità digitale sicura e statale, elemento ritenuto imprescindibile per la competitività, la modernizzazione della Svizzera e la tutela degli interessi nazionali.

    Ma anche questa soluzione non sembra sciogliere ogni nodo di diffidenza. La proposta è approdata alle urne proprio in seguito al lancio di un referendum, promosso dal fronte contrario: gruppi e associazioni come Amici della Costituzione, Aufrecht, Mass Voll, Verfassungsbündnis Schweiz, Partito pirata, Unione democratica federale (UDF) e Giovani UDC, che hanno raccolto oltre 55’000 firme. Questo risultato è espressione delle persistenti preoccupazioni circa la reale inviolabilità dei dati e, più in generale, del rischio che lo strumento di identità elettronico proposto possa favorire abusi o discriminazioni nell’accesso ai servizi digitali.

    Il mosaico di opinioni si amplia considerando la prospettiva degli svizzeri all’estero. L’Organizzazione degli Svizzeri all’Estero (OSE) ha espresso un deciso sostegno all’introduzione dell’identità elettronica, ravvisando in essa uno strumento capace di facilitare la relazione tra emigrati e istituzioni elvetiche. L’Id-e semplificherebbe infatti molte pratiche amministrative, dal rapporto con il fisco fino alle questioni sanitarie, passando per i servizi consolari e, non da ultimo, le pratiche bancarie. Vi è poi una prospettiva ancora più ampia: l’adozione dell’Id-e potrebbe fungere da apripista per future forme di voto elettronico. Una modernizzazione della partecipazione democratica, estremamente rilevante per chi si trova lontano dalla Svizzera ma desidera continuare a esercitare i diritti politici garantiti dalla Costituzione.

    In questo intreccio di progresso tecnologico e tutela delle garanzie, la nuova identità elettronica si presenta dunque come un nodo cruciale del rapporto, sempre in trasformazione, tra cittadini e istituzioni, tra innovazione e diffidenza. Il dibattito che accompagna la Svizzera verso il 28 settembre non si limita alla sola questione tecnica, ma si riverbera sulle modalità di inclusione e sulla visione del futuro nazionale: una decisione che chiama in causa la (s)fiducia nella capacità dello Stato di evolversi, coniugando modernizzazione, sicurezza, trasparenza e accessibilità.

    Referendum obbligatorio per l’imposta immobiliare sulle seconde case - La risposta federale all’abolizione del valore locativo

    L’addio ad un’era fiscale tra sollievo popolare e perdite locali

    Sul secondo oggetto in votazione si riflettono dinamiche storiche e nuovi equilibri tra livelli istituzionali. Infatti, fino al 2024, la fiscalità immobiliare svizzera si fondava sul valore locativo, ovvero una stima teorica del reddito che i proprietari avrebbero percepito se avessero affittato la propria abitazione, sottoposta a tassazione anche in assenza di una reale locazione. Questo sistema, unico nel contesto internazionale e spesso motivo di accese discussioni, era visto da una parte come fonte stabile di gettito per la Confederazione e i cantoni – in particolare quelli turistici e alpini – e dall’altra come una misura impopolare. Nel dicembre 2024, però, il Parlamento ha deciso di abolire il valore locativo sia per le residenze principali sia per quelle secondarie; una svolta che porta con sé importanti conseguenze per le casse pubbliche, specie nelle zone a forte presenza di abitazioni di vacanza o di proprietà di non residenti.

    La risposta federalista alle sfide fiscali

    Per ovviare al conseguente rischio di vuoto nelle entrate di alcuni cantoni, il Parlamento ha elaborato un compromesso, ora oggetto di referendum obbligatorio: concedere ai cantoni la possibilità di introdurre, a propria discrezione, un’imposta straordinaria sulle residenze secondarie ad uso proprio, qualora il valore locativo di tali immobili non venga più tassato né a livello federale né cantonale. Questa deroga permette ai cantoni di non dover rispettare i principi costituzionali ordinari nell’applicazione di tale tassa, la quale potrà dunque essere più elevata rispetto all’imposta sugli altri immobili ma comunque calcolata solo sul valore della proprietà. Si tratta di una misura dalla forte impronta federalista, che vuole preservare l’autonomia finanziaria dei cantoni senza imporre criteri unici nazionali.

    L’applicazione della nuova normativa apre così un capitolo di rilievo anche per le comunità di svizzeri all’estero che conservano proprietà in Svizzera, influenzando sia l’assetto patrimoniale sia la pianificazione familiare di chi mantiene legami con il Paese d’origine tramite case di vacanza e immobili ereditati.

    La proposta attuale, quindi, si inserisce in un articolato dibattito attorno alla gestione, alla destinazione e alla tassazione della proprietà privata, specialmente nelle zone turistiche, e di riflesso sull’identità stessa di molte comunità locali e sull’attrattività della Svizzera per i proprietari non residenti.

    Angelo Geninazzi

    L’identità elettronica svizzera sarà volontaria, gratuita e gestita esclusivamente dallo Stato.

    Dopo l’abolizione del valore locativo, saranno i cantoni a decidere se e quanto tassare in maniera straordinaria le residenze secondarie.

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