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Intervista a Mario Timbal direttore della Radiotelevisione di Svizzera Italiana

    «Sapere quanto accade nella tua nazione, è un modo per mantenere il contatto con le proprie radici e rafforzare la propria identità»

    Intervista a Mario Timbal, da aprile 2021 direttore della Radiotelevisione di Svizzera Italiana. Con lui abbiamo parlato del mondo mediatico in forte cambiamento, delle pressioni a cui sottostà negli ultimi anni la radio e TV pubblica e delle opportunità per gli Svizzeri all’estero.

    Mario Timbal, da dieci mesi è alla direzione della RSI: che azienda ha trovato e cosa significa per lei ricoprire questa carica?
    Ho trovato un’azienda – ma preferisco dire: un gruppo di persone – estremamente vitale: con una solida professionalità, una forte carica creativa, una grande voglia di mettere a frutto le potenzialità nel modo migliore. Tutto questo, in un momento particolare, forse unico nella storia del servizio pubblico radiotelevisivo. Da una parte la trasformazione digitale che mescola le carte in tavola e cambia tutto in termini di produzione, distribuzione e consumo. Dall’altra, un contesto economico e politico che sempre più spinge verso una riduzione delle attribuzioni, e proprio mentre le entrate pubblicitarie crollano a favore dei grandi player globali. La vera sfida è proprio quella di guidare la RSI in questa fase così delicata. Conciliando le esigenze di risparmio con la necessità di rafforzare l’offerta adeguandola ai nuovi contesti. E parlare alle diverse fasce di pubblico senza per questo snaturare l’identità della nostra radiotelevisione.

    Quali sono i principali cantieri su cui è necessario lavorare?
    Al di là dei lavori in corso, che fra alcuni anni porteranno l’intera RSI nella sede unica di Comano, l’immagine del cantiere, più che a indicare singoli progetti, è particolarmente adatta per definire la nostra quotidianità. Farei fatica a individuare singoli settori, programmi, dipartimenti che non siano in continuo movimento. I ritmi del cambiamento sono sempre più rapidi, e il vero sforzo è quello di soddisfare le esigenze del pubblico man mano che si manifestano. Fare servizio pubblico oggi significa continuare a parlare agli ascoltatori e ai telespettatori “tradizionali” e al contempo offrire nuovi contenuti per la fascia sempre più ampia di pubblico che consuma soprattutto su web, app, social media. Per rispondere a un pubblico mai come oggi frammentato rimanendo un punto di riferimento autorevole è necessario uno sforzo continuo, una ricerca quotidiana di nuove idee e nuovi formati. Un cantiere perenne, appunto.

    Cosa risponde a coloro che sostengono che la Radiotelevisione di Svizzera italiana sia troppo “ticinese” e focalizzi troppo l’attenzione su quello che succede a Sud delle Alpi?
    È assolutamente chiaro che se da una parte la nostra esistenza è legata a filo doppio con l’identità svizzero italiana, dall’altra è la solidarietà confederale che ci permette un’offerta radiotelevisiva e multimediale di livello nazionale. Mi sto quindi impegnando concretamente ad ampliare sempre più la dimensione nazionale della nostra offerta. E rivolgere sempre più lo sguardo verso nord. Non solo per abbracciare uno sguardo e una prospettiva autenticamente svizzeri, ma anche per rispondere a quella parte del mandato pubblico che ci impone di coltivare la conoscenza reciproca fra le diverse regioni e culture della Svizzera. Senza dimenticare, peraltro, che il pubblico svizzero di lingua italiana vive in maggioranza al di fuori del Canton Ticino.

    Quali sono secondo lei i principali obiettivi della radiotelevisione pubblica in Svizzera (SSR) e quali quelli specifici di RSI nel contesto svizzero?
    Condivido fermamente le affermazioni di principio contenute nella “missione” aziendale SSR, che traduce a sua volta le indicazioni della concessione. La radiotelevisione pubblica deve contribuire alla formazione dell’opinione pubblica, informare sulla Svizzera e sul mondo restando indipendente dai poteri politici ed economici, praticare e rappresentare la diversità e l’apertura, promuovere la cultura, rafforzare la solidarietà e la coesione nazionale. Se questo vale per la SSR in generale, al livello delle singole unità aziendali tutto ciò deve tradursi in un’offerta che tenga conto delle specificità locali e culturali delle diverse aree del Paese.

    Sebbene tre anni fa sia stata rifiutata un’iniziativa (No Billag) che mirava all’abolizione del canone radiotelevisivo e dunque della base esistenziale della SSR, risuonano costanti le voci che vorrebbero ridurre drasticamente il budget della radio e TV di Stato. Le preoccupa questo scenario e per quali ragioni l’attuale budget non è esagerato come alcuni vorrebbero far credere?
    Si parla di una nuova iniziativa, ma per il momento non sappiamo se verrà presentata davvero e non ne conosciamo i termini esatti. Al di là dei dettagli, però, se si voterà davvero una proposta di riduzione del canone noi potremo rispondere in un solo modo: continuando a lavorare con serietà e ad offrire prodotti e servizi all’altezza delle aspettative, in modo da dimostrare nei fatti di valere i soldi del canone.

    «La radiotelevisione pubblica deve informare sulla Svizzera e sul mondo restando indipendente e rappresentare la diversità e l’apertura, promuovere la cultura, rafforzare la solidarietà e la coesione nazionale.»

    In questi giorni gli Svizzeri votano sulla legge sui media, che prevedrebbe sostegni economici anche per giornali, riviste e portali. Il panorama mediatico elvetico non rischia di diventare un coro a supporto delle istituzioni politiche invece di restare “il quarto potere”?
    Per ovvi motivi non credo sia opportuno che io esprima il mio parere personale su un tema in votazione. Credo comunque che nella valutazione si debba tenere ben presente la particolarità della Svizzera. Un paese con meno di nove milioni di abitanti che si esprimono in quattro lingue diverse e rappresentano anche culture e sensibilità diverse non ha una massa critica tale da poter essere considerato un mercato come un altro. Google e Facebook si stanno accaparrando una fetta sempre maggiore della pubblicità, lasciando agli editori le briciole o poco più.

    Perché gli Svizzeri all’estero dovrebbero seguire i programmi di RSI e quale programma specifico consiglierebbe?
    Perché i media consentono, anche a distanza, di mantenere e rinfrescare quello “sguardo svizzero” sul mondo che è da sempre una nostra peculiarità. Magari non a tutte e tutti i residenti all’estero interesseranno i dettagli della vita politica cantonale, o le cronache locali ma so, per esperienza personale diretta, che spesso sapere quanto accade nella tua nazione, nel tuo Cantone, nella tua città, è un modo per mantenere il contatto con le proprie radici e rafforzare la propria identità. In questo senso, c’è solo l’imbarazzo della scelta: tutti i programmi, ciascuno nel proprio ambito specifico, contribuiscono a costruire il nostro “sguardo elvetico”.

    Intervista: Angelo Geninazzi

    Biografia

    • Mario Timbal nasce a Locarno nel 1977.
    • Dopo gli studi in lettere a Losanna, dal 2005 al 2007 ha lavorato come giornalista presso il Corriere del Ticino.
    • Fino al 2009 è stato Business Development Manager presso il marchio di biciclette Cannondale.
    • Dal 2009 ha ricoperto diverse funzioni per il Locarno Film Festival, da responsabile del marketing e delle sponsorizzazioni a direttore operativo dal 2013 al 2017.
    • Nel 2017 ha assunto la direzione operativa della fondazione culturale Luma ad Arles, nel sud della Francia.
    • Mario Timbal è sposato e padre di due figli.