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La più grande campagna di rimpatrio della storia svizzera

    La pandemia di coronavirus ha fatto sprofondare il mondo in una crisi di dimensioni inaspettate.
    Anche numerosi Svizzeri all’estero sono stati colpiti in pieno.
    Come li ha potuti aiutare il DFAE nel picco della crisi?

    Johannes Matyassy
    Ambasciatore a capo della Direzione consolare (DC) presso il Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE)

    Dopo la mia assunzione alla testa della Direzione consolare presso il Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) circa due anni fa, mi sono già occupato di numerosi casi difficili nei quali abbiamo potuto fornire assistenza agli Svizzeri che si trovavano in una situazione critica all’estero. Tuttavia, la gestione della crisi legata alla pandemia di coronavirus ha assunto dimensioni inimmaginabili ancora fino a poco tempo fa, perfino per il DFAE. Come abbiamo potuto aiutare concretamente le persone in difficoltà? E a cosa assomiglierà la «nuova normalità» dopo la fine sperata della pandemia?

    La situazione iniziale
    Dal 16 marzo 2020, il DFAE si concentra sulla gestione della crisi a tutti i livelli. Proprio quel giorno il Consiglio federale, considerato il propagarsi folgorante del coronavirus, ha qualificato la situazione quale «situazione straordinaria». Secondo il DFAE e nelle rappresentanze estere in Cina, il coronavirus era tuttavia una realtà che toccava le attività quotidiane già da alcuni mesi. La Helpline DFAE ha così ricevuto sempre più richieste da parte di cittadini preoccupati già a fine 2019. A partire dall’inizio del mese di marzo 2020, la pandemia era in atto e richiedeva da parte nostra un impegno molto intenso.

    Su tutte le bocche
    Quando la crisi è scoppiata, lo sguardo del pubblico sulle prestazioni di servizi di prossimità – che costituiscono da sempre una parte importante della politica estera svizzera – è cambiato. Normalmente, i media e il grande pubblico non prestano nessuna attenzione a questi servizi. Nel caso della crisi del coronavirus, tutto è stato diverso: da una parte, l’assistenza ai nostri compatrioti è rimasta a lungo un tema di conversazione molto diffuso, e talvolta molto emozionale; dall’altra parte, diverse migliaia di Svizzeri all’estero hanno compreso per la prima volta in maniera personale e diretta ciò che la politica estera intende con «prestazioni di servizi di prossimità». Si è inoltre visto molto bene che, nella maggior parte dei casi, è grazie alla sua vasta rete di rappresentanze estere in tutto il mondo che il DFAE ha potuto fornire queste prestazioni. Questa rete ha permesso di adottare misure adeguate ai dati locali e di fornire un sostegno semplice ed efficace senza trascurare il principio svizzero della «responsabilità individuale prima di tutto».

    Bloccati all’estero
    Le misure urgenti del DFAE durante la crisi del coronavirus hanno favorito due gruppi diversi di Svizzeri. Le persone che viaggiavano all’estero e volevano rientrare nel paese avevano in particolare bisogno di aiuto, ma anche gli Svizzeri che vivono all’estero e si ritrovano in una situazione di difficoltà alla quale non era più possibile porre rimedio da soli.

    Nella prima fase della crisi, si è dunque trattato di aiutare i viaggiatori bloccati all’estero a rientrare a casa. All’inizio della pandemia, era generalmente ancora possibile rientrare autonomamente mediante voli commerciali. Quando necessario, le rappresentanze svizzere hanno fornito informazioni e assistenza ai viaggiatori.

    35 voli organizzati dal DFAE
    Con l’aggravarsi della crisi, è diventato sempre più spesso impossibile, in numerosi luoghi, viaggiare con i propri mezzi. È la ragione per la quale il DFAE ha lanciato una campagna di rimpatrio. Ciò che non era prevedibile all’inizio, è che si trattava della più grande campagna di rimpatrio della storia svizzera. La Confederazione ha organizzato 35 voli e rimpatriato 4200 Svizzeri nel paese. L’ampiezza di questa campagna merita di essere sottolineata, ma anche il fatto che è stata condotta in condizioni divenute estremamente complicate. Giorno e notte, il personale di numerose rappresentanze svizzere si è sforzato di ottenere i diritti di atterraggio richiesti o di permettere alle persone bloccate in un angolo del paese di raggiungere l’aeroporto.

    Il sostegno continua
    Oggi, il sostegno si concentra sulle persone che non hanno ancora potuto o non vogliono rientrare. Si tratta di offrire loro la migliore protezione possibile nel luogo di soggiorno attuale. Così, le domande di aiuto sociale e di altre prestazioni di servizi di protezione consolare sono aumentate. La Svizzera che conta oltre 770’000 residenti permanenti all’estero e oltre 16 milioni di viaggiatori ogni anno (finora), questo aumento della domanda non è sorprendente. Esso si spiega ad esempio con servizi sanitari insufficienti, un sistema di aiuto sociale lacunoso o una situazione precaria in materia di sicurezza nei paesi ospitanti.

    Doppi nazionali vittime del loro statuto
    Durante la pandemia di coronavirus, alcuni paesi hanno vietato ai loro cittadini di partire all’estero. Pertanto, i doppi nazionali di alcuni paesi non hanno potuto rientrare nella loro seconda patria. Questa difficoltà supplementare rappresenta una sfida particolare per la protezione consolare.

    Sguardo sul futuro
    La crisi del coronavirus ha colpito e colpisce la Svizzera e il mondo con la stessa intensità. Questa dimensione quasi planetaria è un’esperienza totalmente nuova. In una simile situazione, i piani di crisi sperimentati sono di un’utilità relativa. Tuttavia, nonostante il contesto drammatico, il DFAE è riuscito a reagire rapidamente e nell’interesse della Svizzera e dei suoi cittadini, e questo in particolare grazie all’utilizzo della tecnologia moderna e di nuove forme di comunicazione. Queste ultime rappresentano un elemento della «diplomazia digitale», che guadagna costantemente terreno e che costituirà sicuramente un elemento chiave dell’operato del DFAE in futuro.

    Una vasta rete
    Per preparare il futuro, giustamente, il DFAE intende analizzare nel dettaglio come l’evoluzione della mobilità internazionale, la digitalizzazione, il mondo del lavoro attuale e altri fattori colpiranno la realtà di domani e come le prestazioni consolari debbano essere sviluppate per tener conto di questa realtà. Una prima costatazione è già ora stata effettuata: la vasta rete estera della Svizzera si è rivelata più che utile. Occorre mantenerla.

    Johannes Matyassy: «Molti hanno compreso per la prima volta ciò che la nostra politica estera intende con ‹prestazioni di servizi di prossimità› ». Foto DR

    Sostegno consolare ai viaggiatori che rientrano in Svizzera presso l’aeroporto di Bangkok, in Thailandia

    Passeggeri svizzeri che si imbarcano sul volo Lima-Zurigo. In totale, la Svizzera ha organizzato 35 voli di rimpatrio. Foto DFAE