Ancora sul trattamento fiscale in Italia della LPP erogata all’estero
Avvocato Buon giorno.
Faccio riferimento alla sua risposta relativa a Residenza Fiscale e tassazione della pensione svizzera apparsa sull’ultimo numero della Gazzetta Svizzera.
Omissis...
Più complessa la questione relativa al secondo pilastro (LPP), in merito al quale recentemente l’Agenzia delle Entrate ha adottato invece una interpretazione letterale più restrittiva (Risoluzione 3/E del 27 gennaio 2020).
Se, anche qui, per i pagamenti in Italia vale come per l’AVS/AI la stessa disciplina per espressa previsione (art. 76, comma 1-bis), così non è per i pagamenti all’estero.
Ritenendo, infatti, la normativa sulla voluntary disclosure, (che aveva equiparato la previdenza professionale al trattamento fiscale dell’AVS), una normativa del tutto eccezionale, l’Agenzia delle Entrate non ritiene più applicabile lo stesso trattamento previsto dalla Legge n. 431/1991 per i pagamenti non canalizzati in Italia.
Omissis…
Temo di non capire e, allo stesso tempo, temo di capire.
Io ho la doppia cittadinanza, ma pensionato residente fisicamente e fiscalmente in Italia.
La pensione del 2° pilastro mi viene versata in Svizzera e regolarmente dichiarata in Italia.
Qualche tempo fa era apparso un articolo, sempre su la Gazzetta Svizzera, dove si diceva che il 2°pilastro sotto forma di pensione, anche se pagato in Svizzera, veniva assoggettato alla stessa ritenuta dell’AVS, cioè 5%.
Io mi sono chiaramente affrettato a rivedere le mie dichiarazioni fiscali precedenti, dove le entrate del 2° pilastro venivano sommate alla pensione italiana e portavano quindi la percentuale di tassazione a un livello parecchio elevato.
Sono pertanto in attesa del rimborso da parte dell’Agenzia delle Entrate delle somme che risultano essere state pagate in più per tre anni.
Ora mi state dicendo che (se ho capito giusto) l’Agenzia delle Entrate ha cambiato opinione e, a meno che la pensione del 2° pilastro venga accreditata in Italia, si ritorna alla vecchia sommatoria del reddito??
Ho capito bene? A partire da quando? Se mi faccio versare la pensione del 2° pilastro in Italia, rientrerebbe nel 5%?
Grazie mille per un vostro chiarimento. Cordialità
(P.P. - Savona)
Caro Lettore,
grazie mille per la Sua attenzione e per la tempestività nel riprendere subito il complesso tema dello scorso numero della nostra Gazzetta Svizzera.
Comprendo la Sua preoccupazione, si tratta di una questione importante. Rispondo, pertanto, anche io subito in questa Rubrica Legale ai suoi dubbi e le dico… che ha capito benissimo!
La vicenda del c.d. “secondo pilastro” pensionistico svizzero, e cioè quello professionale (LPP), ha conosciuto all’incirca lo stesso percorso dell’AVS/AI (“primo pilastro”). Mi spiego meglio.
AVS/AI
Come più volte abbiamo spiegato, l’AVS/AI è soggetta ad un “balzello” del 5% (c.d. “ritenuta unica”) da parte degli istituti italiani che operano quali sostituti d’imposta per le rendite corrisposte in Italia.
Tali rendite, peraltro, non formano oggetto di dichiarazione fiscale, giusta quanto espressamente previsto dall’art. 76, comma 1, L.n. 30.12.1991. Ciò in ossequio ad uno specifico Accordo Italia – Svizzera sui “frontalieri” del 3.10.1974 (poi recepito nella Convenzione contro le doppie imposizioni-CDI Italia-Svizzera) di cui alla L. 26.7.1975 n. 386.
Permaneva il problema delle pensioni AVS/AI pagate all’estero, che rappresentava a tutti gli effetti un reddito pensionistico tassabile, da solo o eventualmente in aggiunta ad altre entrate.
Infatti, l’esenzione era prevista espressamente solo per le rendite canalizzate in Italia.
In sede di Voluntary Disclosure, l’Agenzia delle Entrate con Circolare n. 30/E dell’11.8.2015 aveva però ritenuto la disposizione “di portata generale” e pertanto applicabile il “balzello” del 5% anche alle rendite corrisposte all’estero.
In proposito, si citava la Circolare Ministeriale n. 6 dell’8 giugno 1993 (protocollo n. 12/108) la quale chiariva che l’applicazione di tale norma era di portata generale, e che, pertanto, dovevano essere assoggettati ad una ritenuta alla fonte all’atto della corresponsione delle rendite AVS, anche corrisposte a percettori di nazionalità svizzera, se residenti in Italia – in ossequio al principio di parità di trattamento di cui all’art. 25 CDI.
Peraltro, la citata legge n. 413 del 1991, non prevedeva neanche l’ipotesi in cui il percettore che avesse ricevuto l’accredito all’estero potesse autoliquidare in dichiarazione l’imposta dovuta assoggettando le rendite ad un’imposizione sostitutiva dell’IRPEF con la medesima aliquota del 5%.
Sennonché, l’Agenzia dell’Entrate ha ritenuto correttamente (prescindendo dall’aspetto della retroattività) che, al fine di evitare una ingiustificata disparità di trattamento fondata sulle sole modalità di erogazione della rendita, l’imponibile dovesse essere comunque soggetto ad un’imposizione sostitutiva del 5%. Ciò in quanto l’assoggettamento ad imposizione ordinaria – ovviamente superiore alla predetta “ritenuta unica” - costituirebbe “un trattamento discriminatorio, fondato sul mero luogo di incasso del reddito e non su una differenza di capacità contributiva” (scrive proprio così l’Agenzia delle Entrate).
LPP
Viceversa, in origine nulla di tutto ciò era previsto in origine per le pensioni del “secondo pilastro”, le quali però potevano ritenersi assimilabili all’AVS/AI, se non altro perché anch’esse obbligatorie ed integrative del “primo pilastro”.
Sempre in sede di prima Voluntary Disclosure erano sorti anche qui problemi interpretativi riguardo alle rendite LPP ed alla loro tassazione ed all’applicabilità o meno di un trattamento analogo a quello dell’AVS.
Mancava però una disposizione legislativa di copertura espressa – salvo a voler ritenere che potesse essere operativa anche per le rendite LPP la previsione dell’Accordo del 1974 sui “frontalieri” (e per l’effetto già detto, anche per gli svizzeri residenti in Italia).
Con il D.L. n. 153/2015, quindi, venne inserita, dall’art. 2, comma 2, la lett. b) che recitava come segue: “b) l’ammontare di tutte le prestazioni corrisposte dalla previdenza professionale per la vecchiaia, i superstiti e l’invalidità Svizzera (LPP), in qualunque forma erogate, sono assoggettate, ai fini delle imposte dirette, su istanza del contribuente, all’aliquota del 5 per cento.”
La norma venne emanata in extremis in sede di proroga della procedura di Voluntary Disclosure sino al 31.12.2015, e viene convertita con L. n. 187/2015. Tutto bene, quindi?
In realtà, la norma premette specificamente ed espressamente “Ai soli fini della collaborazione volontaria di cui alla legge 15 dicembre 2014 n. 186” – e dunque con valenza limitata a tale procedura, e peraltro su istanza del contribuente.
E dopo la Voluntary Disclosure? L’incertezza, come potete vedere, regna sovrana.
Si arriva così al 2017.
In tale anno, con il D.L. 24.4.2017 n. 50, convertito con modificazione dalla L. n. 96/2017, viene inserito uno specifico comma per il regime previdenziale del “secondo pilastro” all’art. 76 L.n. 413/91.
Infatti l’art. 55-quinquies del D.L. 50/2017 ha aggiunto il comma 1-bis all’art. 76 cit. del seguente letterale tenore: “La ritenuta di cui al comma 1 (del 5% N.d.R) è applicata dagli intermediari finanziari italiani che intervengono nel pagamento anche sulle somme corrisposte in Italia da parte della gestione della previdenza professionale per la vecchiaia, i superstiti e l’invalidità svizzera (LPP), ivi comprese le prestazioni erogate dagli enti o istituti svizzeri di prepensionamento, maturate sulla base anche di contributi previdenziali tassati alla fonte in Svizzera in qualunque forma erogate”.
È evidente che si fa espresso riferimento al regime LPP ma solo alle rendite corrisposte in Italia.
Di fatto, una situazione analoga a quella che si era venuta a creare per l’AVS e proprio di ciò avevamo dato atto in passato, come si ricorda nella lettera (v. da ultimo la Gazzetta Svizzera dell’Aprile 2019).
E’ pur vero che, una serie di interpretazioni della prassi, sulla scorta anche di principi elementari (e di promanazione costituzionale) ed alla luce degli sviluppi che vi erano stati per l’AVS, sembrarono consentire l’applicabilità della medesima aliquota fissa del 5% non solo al di fuori dell’ambito dei “frontalieri” ma anche alle modalità di erogazione non canalizzate in Italia.
Purtroppo, come riferito nello scorso numero, recentemente l’Agenzia delle Entrate ha adottato invece una decisa presa di posizione contraria, con un’interpretazione letterale più restrittiva (Risoluzione 3/E del 27 gennaio 2020).
Se per i pagamenti in Italia vale la “ritenuta unica” del 5% così come per l’AVS/AI, la disciplina legislativa (art. 76, comma 1-bis), rileva l’Agenzia, non contempla invece espressamente i pagamenti all’estero.
Richiamando l’eccezionalità della normativa sulla Voluntary Disclosure (che aveva equiparato la previdenza professionale al trattamento fiscale dell’AVS), l’Agenzia delle Entrate non ritiene quindi più applicabile lo stesso trattamento previsto dalla Legge n. 431/1991 per i pagamenti non canalizzati in Italia.
Conclusione
La motivazione, a dire il vero non mi convince, perché sembra dettata più dalle croniche esigenze di gettito fiscale che non da interpretazioni coerenti con il sistema complessivo e con il dettato costituzionale.
Le ragioni richiamate a suo tempo dalla Circolare 30/E/2015, invece, restano pienamente valide: è infatti evidente che si crea un’ingiustificata disparità di trattamento tra contribuenti sulla base della sola modalità di incasso della rendita, e non della reale capacità contributiva dei soggetti.
Inoltre, l’equiparazione AVS-LPP nell’art. 76, L.n. 431/del 1991 così come modificata con l’introduzione del comma 1-bis è del 2017, quindi successiva alla Voluntary Disclosure.
Vi sono anche molti altri argomenti che confortano la possibilità di poter assolvere ogni onere con il pagamento del 5% anche per le erogazioni delle rendite all’estero. Tuttavia, sino a nuovo ordine, allo stato vi è il rischio concreto di dovere mettere in conto un lungo e costoso contenzioso con il Fisco italiano, come potrà confermarle anche un fiscalista esperto di queste problematiche.
La questione, purtroppo, è rilevante perché molti enti e casse pensione svizzere non possono nemmeno pagare all’estero, (cioè in Italia) ma sono obbligate alla corresponsione delle rendite in Svizzera.
Viceversa, sui pagamenti delle rendite anche del “secondo pilastro” in Italia, è pacifico che ci si possa avvalere della ritenuta unica del 5% attraverso gli intermediari autorizzati.
Mi dispiace non poterle dare notizie più confortanti, ma come vede la questione rimane confusa.
Non resta che sperare o in un intervento delle autorità svizzere con l’Italia per cercare di venirne a capo, o di un nuovo intervento del legislatore italiano, in questo caso, però, che sia definitivamente chiarificatore e non foriero di ulteriori dubbi.
Aspettiamo il Natale, chissà. Con tanti auguri di buone e necessariamente sobrie feste, date le circostanze, a Lei ed a tutti i nostri Lettori.
Avv. Markus Wiget