Una partenza annunciata, ma con commozione.
Dopo Johann Schneider-Ammann, anche Doris Leuthard ha annunciato di lasciare il governo federale alla fine dell’anno. Benché la partenza fosse annunciata (e sarebbe dovuta avvenire lo stesso giorno di quella del collega che che lo ha anticipato), l’incontro con la stampa è stato molto frequentato e ricco di emozioni.
Doris Leuthard ha infatti marcato, nei 12 anni della sua presenza in governo, il clima politico svizzero con la sua personalità, la sua determinazione, il suo coraggio politico, accompagnati però da un innegabile fascino e dalla totale disponibilità alla causa del paese.
Eletta nel 1999 in Consiglio Nazionale, avvocato argoviese, diventa presidente del PPD nel 2004, è già il 14 giugno 2006, viene eletta al primo turno in Consiglio federale, al posto del friburghese Josef Deiss, alla testa del Dipartimento federale dell’economia. Nel 2010, dopo l’arrivo dell’imprenditore Schneider-Ammann, passa a dirigere il Dipartimento federale dell’ambiente, dei trasporti, dell’energia e delle comunicazioni, e viene eletta due volte a Presidente della Confederazione.
Tra i problemi affrontati con successo, vi è la strategia energetica 2050, con l’uscita dal nucleare, la galleria ferroviaria di base del Gottardo, la seconda galleria autostradale, la creazione di un fondo di finanziamento permanente per le ferrovie e le strade. Non hanno invece avuto successo sia l’aumento a 100 franchi del contrassegno autostradale, sia l’accettazione dell’iniziativa Weber sulle residenze secondarie. Qualche problema lo ha avuto anche con la radio-televisione, ma ha nettamente vinto contro l’iniziativa “No Billag”.
Pur avendo portato la Svizzera a firmare l’accordo di Parigi sul clima, le si rimprovera di non aver fatto abbastanza per la riduzione del CO2. In sostanza, un bilancio molto positivo in un Dipartimento di difficile gestione, molto complesso e in un clima spesso molto acceso. Per il suo successore si tratterà di seguire una linea già tracciata, sicuramente fino alla metà del secolo.
I. B.
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