Ancora in tema di doppia imposizione
Buongiorno,
mio figlio con doppia cittadinanza italiana e svizzera (età 25 anni, cuoco diplomato in Italia) si è trasferito a Zurigo nel mese di dicembre 2022 per motivi di lavoro. Con la presente volevo chiederle chiarimenti in merito all'eventuale doppia imposizione fiscale perché mi sono già rivolta ad un centro di assistenza fiscale nella città dove abito, ma la risposta non mi è sembrata chiara.
Mio figlio voleva sapere se il suo reddito (60.000 franchi CH circa per il 2023) sarà soggetto a tassazione anche in Italia. Se così fosse avrebbe la possibilità di evitare l'eventuale doppia imposizione fiscale, ed essere soggetto solamente all'imposizione fiscale svizzera?
Attualmente mio figlio ha ancora la residenza con noi in Italia. In Svizzera condivide un appartamento con altre persone e mi sembra di capire che la sua situazione anagrafica possa corrispondere come ad un domicilio in Italia.
Volevo chiederle inoltre quali sono le modalità per far sì che possa chiedere la residenza in Svizzera, perché presumo che ci possano essere differenze dalle modalità previste allo scopo in Italia. In allegato invio copia del bonifico per il contributo periodico alla Gazzetta Svizzera. La ringrazio per i suoi preziosi chiarimenti.
Cordiali saluti (A.B. – Località non indicata)
Cara Lettrice,
grazie della Sua attenzione e del contributo. Ricordiamo a tutti i nostri Lettori che questo piccolo obolo ci consente di continuare a stampare e a distribuire la nostra Gazzetta Svizzera a tutti i nostri compatrioti sparsi per la penisola italica, e ad informarli sulle varie iniziative dei Circoli, sulle questioni legali, e sulla Svizzera più in generale.
Vengo subito al Suo quesito, ma mi lasci dire che fa piacere leggere di un giovane che ha trovato così presto una bella occupazione come cuoco in una città importante come Zurigo.
Il tema della doppia imposizione è assai complesso e ne abbiamo già scritto in varie riprese in queste pagine. Non sono quindi sorpreso che un ordinario centro di assistenza fiscale non abbia saputo fornirle i chiarimenti necessari. Occorre, infatti, un po’ di esperienza specifica in questa difficile materia ed io suggerisco sempre di rivolgersi ad un fiscalista esperto per un consiglio professionale su come muoversi, prima di fare qualche passo falso.
In termini molto generali posso dirle quanto segue.
La residenza fiscale
Da quel che Lei scrive Suo figlio è tuttora residente presso di Voi in Italia. Dal che deduco che egli risulti anche formalmente iscritto all’anagrafe del Comune italiano di residenza, anche se abita già fisicamente in Svizzera, ove lavora e percepisce un reddito.
Come più volte spiegato, ciò può costituire un problema.
Infatti, in forza dell’art. 2 TUIR (Testo Unico delle Imposte sul Reddito) l’Italia considera fiscalmente residente nel territorio della Repubblica coloro che per la maggior parte del periodo d’imposta:
- risultano iscritti nell’anagrafe comunale della popolazione residente;
- possiedono in Italia il domicilio o la residenza secondo il codice civile.
I criteri suddetti hanno valenza alternativa, nel senso che è sufficiente che ricorra anche uno solo di essi per essere considerati soggetti passivi del fisco italiano.
Ciò significa che Suo figlio ad oggi è sicuramente fiscalmente residente in Italia.
Ora, mentre il primo criterio dell’iscrizione all’anagrafe della popolazione residente è formale e quindi chiaro, si dà il caso che gli altri due prestino il fianco ad interpretazioni non sempre univoche.
Infatti, il domicilio è il luogo in cui un soggetto ha stabilito la sede principale dei suoi affari ed interessi, tenuto conto, non solo quelli professionali, ma anche quelli affettivi e famigliari (art. 43, comma 1 c.c.).
Per residenza si intende, invece, il luogo in cui un soggetto ha la dimora abituale (art. 43, comma 2 c.c.), e cioè dove normalmente vive.
Aggiungo poi che per lungo tempo la residenza anagrafica è stata considerata dalla giurisprudenza una presunzione legale che non ammetteva prova contraria.
Suo figlio, quindi, dovrebbe acquisire la residenza formale in Svizzera e cancellarsi nel Comune in Italia ed iscriversi all’AIRE (Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero), o all’atto della cancellazione stessa, o al consolato italiano di Zurigo che provvederà ad informare il Comune di provenienza per la cancellazione del nominativo.
Quest’ultima soluzione, però richiederà un po’ più di tempo ed il fattore tempo rileva, perché la residenza fiscale si ha se si risulta residenti la maggior parte dell’anno solare (periodo d’imposta).
Tuttavia, la sola iscrizione all’AIRE non è sufficiente a dimostrare la residenza in Svizzera e ad escludere la ricorrenza di una delle suddette condizioni.
Particolarità per i doppi nazionali italo-svizzeri
Va precisato che, nel caso di Suo figlio, che è doppio cittadino italiano e svizzero, vi è una disciplina particolare che complica la situazione, perché agli occhi dello Stato italiano egli è, e resta cittadino italiano (così come agli occhi della Confederazione sarà sempre svizzero).
In questa ipotesi, infatti, diviene operativo il comma 2-bis dell’art. 2 TUIR, il quale prevede che si considerano residenti in Italia – salvo prova contraria – i cittadini italiani trasferiti in un paese a fiscalità privilegiata, salva prova contraria. Tali paesi sono elencati nel famigerato DM. 4.5.1999 che, purtroppo (e inspiegabilmente) include ancora anche la Svizzera (c.d. “black-list”).
In altre parole, il doppio nazionale che abbia anche la cittadinanza italiana, se residente in Svizzera sarà soggetto alla presunzione di residenza fiscale che ha come effetto l’inversione dell’onere della prova.
Ciò significa che, nonostante l’iscrizione all’AIRE e all’anagrafe svizzera, deve essere il soggetto interessato a dimostrare che la Sua residenza effettiva o il suo domicilio sono effettivamente all’estero escludendo la rilevanza di indici della Sua presenza in Italia.
Per quanto riguarda l’iscrizione in svizzera basta annunciarsi al Comune di Zurigo, in quanto come cittadino confederato Suo figlio ha il diritto costituzionale a stabilirsi nel paese e di entrarvi ed uscirne a piacimento (art. 24).
Il Trattato tra Italia e Svizzera del 1976
Il principio generale vigente in Italia è quello della tassazione del reddito mondiale statuito dall’art. 3 TUIR, in forza del quale il soggetto residente fiscalmente in Italia subisce la tassazione italiana del reddito, ovunque questo sia prodotto (“worldwide taxation principle”).
Il principio suddetto è mitigato da alcune eccezioni, soprattutto nel caso di redditi prodotti all’estero o di particolari categorie di contribuenti. Tali situazioni sono di norma disciplinate nelle convenzioni bilaterali contro le doppie imposizioni (CDI), come quella tra Italia e Svizzera conchiusa nel 1976 (CDI I-CH) e in vigore dal 27 marzo 1979.
Tale accordo bilaterale disciplina sia i redditi delle libere professioni (art. 14), sia quelli da lavoro dipendente (art. 15), e vari altri aspetti.
Supponendo che il reddito di Suo figlio sia da lavoro dipendente possiamo dire quanto segue alla luce di qualche più recente pronuncia e degli orientamenti delle autorità fiscali italiane.
Applicazioni concrete della CDI I-CH
Una recente decisione adottata dalla Corte di Cassazione, Sez. VI Civ., n. 12921 del 13.5.2021 in materia di reddito da lavoro dipendente, ha affrontato il caso di un cittadino italiano che aveva svolto lavoro dipendente a favore di una società svizzera pagando le tasse in Svizzera ove aveva soggiornato per 186 giorni, e quindi più di metà dell’anno.
Tornato in Italia aveva pagato le relative tasse, ma richiedendo in seguito il rimborso integrale delle imposte versate sul presupposto che tali redditi fossero imponibili solo in Svizzera.
L’Agenzia delle Entrate aveva negato tale diritto, mentre la Commissione Tributaria Regionale aveva dato ragione al contribuente proprio sulla base della CDI I-CH del 1976, di qui il ricorso in Cassazione del fisco Italiano.
Ebbene, la Cassazione ha affermato la prevalenza delle norme pattizie contenute nella CDI I-CH del 1976 e, su tale condivisibile presupposto ha statuito che un italiano che soggiorni per più di 183 giorni in Svizzera per motivi di lavoro dipendente ha diritto di scomputare le imposte svizzere dal carico fiscale netto, fino alla concorrenza della quota d’imposta corrispondente al rapporto tra reddito estero e reddito complessivo, ma resta tenuto a pagarle in Italia.
La disciplina che si ricava dalla norma convenzionale, applicabile al caso (art. 15) in sintesi è la seguente:
- lo stipendio pagato al residente fiscale di uno stato (Italia) è imponibile solo in tale Stato, salvo che l’attività remunerata venga svolta nell’altro Stato contraente (Svizzera);
- in quest’ultimo caso, infatti, quanto percepito per la prestazione nell’altro Stato è imponibile in questo altro Stato (Svizzera).
Il 2° comma della stessa disposizione prevede però un’eccezione: nel caso il residente fiscale di uno Stato contraente (Italia) venga remunerato per attività svolta nell’altro Stato (Svizzera), il reddito sarà imponibile solo nel primo Stato (Italia), purché:
- il beneficiario abbia soggiornato nell’altro Stato (Svizzera) meno di 183 giorni,
- lo stipendio sia stato pagato da un datore di lavoro non residente nell’altro Stato (e quindi italiano).
La Cassazione, quindi, sul presupposto che vi sia doppia imposizione per via della concorrente presenza di redditi italiani contenuti nella dichiarazione, applica l’art. 24 CDI I-CH che, per evitare la doppia imposizione, prevede in tal caso che l’Italia deve dedurre dalle imposte così calcolate l’imposta pagata in Svizzera, ma la deduzione non può superare la quota di imposta italiana dovuta sui predetti redditi.
In altre parole, posto che l’imposizione fiscale italiana è più alta, Suo figlio finché residente in Italia sarebbe un contribuente italiano, ma potrebbe dedurre dalle tasse pagate in Italia quanto già versato in Svizzera. Ecco perché sarebbe più conveniente divenire contribuente svizzero, salvo vi siano ragioni contrarie di diversa natura.
Casi di conflitto di residenza
La CDI I-CH consente altresì di risolvere casi di conflitto di residenza. La Convenzione, infatti, all’art. 4 contiene una serie di “norme di conflitto” prevalenti per risolvere eventuali “impasse” che possono presentarsi nella pratica di doppie residenze.
Tali criteri, applicabili in via gradata sono i seguenti:
- il soggetto sarà considerato residente nello Stato in cui dispone di un’abitazione permanente;
- se dispone di abitazione permanete in entrambi gli Stati, varrà il criterio degli interessi vitali, e cioè del luogo nel quale le relazioni personali ed economiche sono più strette;
- se ancora non si è potuto individuare la residenza, si dovrà fare riferimento alla dimora abituale, e cioè al luogo in cui la persona soggiorna abitualmente;
- in ulteriore subordine, si dovrà tener conto della nazionalità del soggetto, cioè il contribuente sarà considerato residente dello Stato contraente la Convenzione di cui possiede la cittadinanza;
- se, infine, sussiste la cittadinanza di entrambi i Paesi o di nessuno di essi, gli Stati contraenti dovranno trovare una soluzione di comune accordo.
Si tratterà quindi di vedere se nella situazione di Suo figlio possa ricorrere il primo dei criteri, ma se così non fosse e non si potesse nemmeno chiaramente determinare il centro dei suoi interessi vitali (economici ed affettivi), riterrei che non potrebbe essere ragionevolmente revocato in dubbio che la sua dimora abituale (come luogo in cui soggiorna stabilmente) si trovi in Svizzera – eventualmente anche in contrasto con l’anagrafe italiana, ma a caro prezzo, e cioè con il rischio di una contesa lunga e costosa con il fisco italiano.
Ciò, sempre che l’abitazione sia congrua rispetto alle sue esigenze ed ai suoi redditi, e possa altresì essere agevolmente provato un livello di consumi ed utenze che supportino tale circostanza. Infatti, come precisato, tale onere della prova in questo caso grava sul contribuente.
In conclusione, meglio evitare commistioni e confusioni, ma piuttosto creare una situazione formale e una sostanziale che coincidano e che siano documentabili alla bisogna.
Spero così di avere chiarito i suoi dubbi e Le porgo i miei migliori saluti, augurando a Lei e a tutti i lettori una buona e serena Pasqua.
(Avv. Markus Wiget)